Pubblicato il 11/04/2024
N. 06976/2024 REG.PROV.COLL.
N. 03902/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3902 del 2017, proposto da
Immobiliare Lorenz S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Ciro Alessio Mauro, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale Bruno Buozzi 87;
contro
Comune di Genzano di Roma, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Roberto Ollari, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Barnaba Tortolini, n. 30;
Risarcimento danni derivanti da illegittimo diniego variante a permesso a costruire giusta sentenza del Consiglio di Stato n. 290 del 28.01.2016
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Genzano di Roma;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 febbraio 2024 il dott. Luigi Edoardo Fiorani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso notificato il 3 aprile 2017 e depositato il 2 maggio 2017, la società Immobiliare Lorenz ha agito per ottenere la condanna del Comune di Genzano di Roma al pagamento della somma di € 3.951.731,00 a titolo di risarcimento dei danni derivanti dal diniego a suo tempo opposto dal Comune resistente (in seguito annullato dal Consiglio di Stato con sentenza n. 290/2016 del 28 gennaio 2016), sulla domanda in variante all’originaria concessione edilizia presentata dalla dante causa della società ricorrente.
2. Riferisce la società ricorrente di aver acquistato, in data 14 novembre 2007, un fondo sito nel Comune di Genzano di Roma e di essere così subentrata nel permesso di costruire n. 18/2005 del 20 aprile 2005 per la realizzazione di due fabbricati, aventi destinazione d’uso commerciale e una cubatura complessiva di mc 4.366,38.
2.1. Rappresenta, quindi, la ricorrente di avere presentato, in data 4 aprile 2008, domanda di variante del permesso di costruire de quo, al fine di trasformare parte della superficie dell’edificio B (avente originaria destinazione d’uso commerciale e terziario, come prevista dal permesso di costruire n. 18/2005) in superficie a destinazione parzialmente residenziale, sul presupposto che ciò sarebbe stato consentito da una variante del P.R.G. approvata con Delibera di Giunta Regionale n. 615 del 2005.
2.2. Il Comune ha denegato tale variante, con provvedimento comunicato all’odierna ricorrente in data 1° dicembre 2008, preceduto da un’ordinanza di ingiunzione di sospensione dei lavori.
2.2.1. Sul versante penalistico, invece, il fabbricato per il quale era stata chiesta la variante risulta essere stato sottoposto a sequestro con provvedimento del 23 ottobre 2008.
2.3. Il diniego di variante e l’ordinanza di sospensione sono stati impugnati innanzi a questo T.A.R., che con sentenza n. 8155/2013 ha rigettato il ricorso: detta sentenza è stata riformata dal Consiglio di Stato con la richiamata sentenza n. 290/2016.
2.3.1. Il sequestro, invece, è venuto meno a seguito del dissequestro disposto con la sentenza di assoluzione del Tribunale di Velletri n. 464/2012.
2.4. Poste queste premesse in fatto, con il gravame si chiede la condanna del Comune resistente a risarcire i danni tanto patrimoniali che non patrimoniali, che la ricorrente assume di aver subito per effetto della “paralisi” della sua attività determinata dal diniego di variante del permesso di costruire annullato dal Consiglio di Stato.
3. Il Comune di Genzano di Roma si è costituito in data 5 febbraio 2018, eccependo, preliminarmente, la prescrizione del diritto al risarcimento del danno ex adverso richiesto, nonché la pendenza di un giudizio di revocazione avverso la sentenza n. 290/2016 (domanda di revocazione poi respinta con la sentenza n. 1418/2018) e concludendo, nel merito, per il rigetto del ricorso avversario.
4. All’udienza del 27 febbraio 2024, in vista della quale le parti hanno depositato memorie e documenti, la causa è stata trattenuta in decisione.
5. L’eccezione di prescrizione dell’azione proposta da parte resistente è fondata.
6. Giova ricordare che l’azione di risarcimento del danno è soggetta alla disciplina di cui all’art. 30 comma 3 c.p.a. e quindi al termine decadenziale di 120 giorni dall’annullamento dell’atto, a far data dall’entrata in vigore del d.lgs. n. 104 del 2010, vale a dire dal 16 settembre 2010, mentre, anteriormente al 16 settembre 2010 – e quindi fino al 15 settembre 2010 – la disciplina era quella della prescrizione quinquennale ai sensi dell’art. 2947 c.c. con decorrenza del termine dal momento di adozione dell’atto o meglio della conoscenza della lesione (cfr., in questo senso, da ultimo, Cons. Stato, Sez. IV, 27 luglio 2023, n. 7354).
6.1. Ebbene, nel caso in esame, deve escludersi che alla presente fattispecie si applichi il termine decadenziale di cui all’art. 30, comma 3, c.p.a. giacché i provvedimenti da cui l’interessata fa discendere la domanda di risarcimento del danno sono stati emanati e comunicati anteriormente all’entrata in vigore del codice del processo amministrativo (e segnatamente in data 21 novembre 2008 e 1° dicembre 2008, per quanto si ricava dall’intestazione del ricorso proposto a suo tempo innanzi al T.A.R. dall’odierna ricorrente, definito dalla sopra richiamata sentenza n. 8155/2013: cfr. doc. 10 di parte resistente).
6.2. Alla luce di tali argomenti, deve affermarsi che alla fattispecie in esame si applica il termine di prescrizione quinquennale, che ha iniziato a decorrere dal dicembre 2008, per terminare nel dicembre del 2013, e dunque circa quattro anni prima dell’instaurazione del presente giudizio.
6.3. Non induce a un diverso avviso la circostanza evidenziata dalla ricorrente nella memoria di replica, al fine di resistere all’eccezione in esame, secondo cui, costituendo il ritardo illegittimo dell’amministrazione nel provvedere sull’istanza del privato un illecito permanente che è cessato solo con l’adozione dell’atto, il termine di prescrizione della conseguente pretesa risarcitoria comincerebbe a decorrere solo dal momento della cessazione dell’illecito, come accaduto, nella specie, con la adozione della variante in esecuzione della pronuncia del Consiglio di Stato.
6.4. Va, a questo riguardo, condiviso l’orientamento secondo cui, anche con riguardo alle controversie insorte precedentemente all’entrata in vigore del codice del processo amministrativo, il superamento del principio della c.d. pregiudiziale amministrativa, con l’affermazione dell’autonomia, sul versante processuale, della domanda risarcitoria rispetto a quella impugnatoria, comporta che il termine di prescrizione deve farsi decorrere non dal momento del passaggio in giudicato della sentenza che annulla l’atto lesivo (sentenza in esecuzione della quale, nella specie, è stato rilasciato il provvedimento ampliativo della sfera del privato), bensì dalla data del fatto illecito, coincidente con quella dell’adozione dell’atto illegittimo (nel caso in esame, il diniego sulla richiesta di permesso di costruire in variante): in quest’ottica, infatti, poiché l’annullamento dell’atto amministrativo lesivo non costituisce un requisito di ammissibilità della domanda risarcitoria, il dies a quo per l’esercizio del diritto deve essere individuato nel momento in cui, con l’adozione del ridetto atto lesivo, il danno si è effettivamente verificato (ex multis: Cons. Stato, Sez. VI, 6 febbraio 2019 n. 900).
6.5. Alla stregua delle considerazioni che precedono, non è condivisibile l’assunto di parte ricorrente sopra riportato, perché, alla luce delle indicazioni provenienti dalla richiamata giurisprudenza, lo stesso risulta in contrasto con il disposto dell’art. 2935 c.c., a mente del quale la prescrizione del diritto inizia a decorrere dal momento in cui il diritto può essere fatto valere.
6.6. Né, peraltro, può ritenersi che il rilascio del permesso di costruire in variante da parte del Comune resistente in data 16 maggio 2019, possa avere avuto – come viceversa sostenuto dalla ricorrente – alcuna valenza confessoria, tenuto conto che è la stessa ricorrente a riconoscere che ciò è avvenuto in esecuzione della sopra richiamata sentenza n. 1418/2018 del Consiglio di Stato (cfr. p. 4 della memoria del 26 gennaio 2024).
7. Anche a voler condividere il diverso orientamento, espresso da alcune pronunce (cfr., ad esempio, T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 20 gennaio 2020, n. 119, che richiama Cons. Stato, Sez. IV, 28 giugno 2018 n. 3977), secondo cui, in ipotesi come la presente, la pendenza del giudizio di annullamento dell’atto ha effetti interruttivi della prescrizione del diritto al risarcimento, la domanda non risulta in ogni caso fondata nel merito.
7.1. Da un primo punto di vista, infatti, deve ritenersi che il Comune resistente ha provato di essere incorso in un errore scusabile (si richiama, a questo riguardo, il prevalente orientamento a tenore del quale, in sede di giudizio per il risarcimento del danno derivante da provvedimento amministrativo illegittimo, il privato danneggiato può limitarsi ad invocare l’illegittimità dell’atto quale indice presuntivo della colpa, restando a carico dell’amministrazione l’onere di dimostrare che si è trattato di un errore scusabile, riscontrabile per la sussistenza di contrasti giudiziari, per la incertezza del quadro normativo di riferimento, ovvero per la complessità della situazione di fatto: cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 19 marzo 2019, n. 1815), tenuto conto, per un verso, che la stessa sentenza del Consiglio di Stato n. 290/2016, nel riformare la pronuncia di segno contrario di questo T.A.R., ha compensato le spese tra le parti riscontrando “un’obiettiva incertezza delle qualificazioni normative degli interventi coinvolti” e, per l’altro verso, che la sentenza di assoluzione pronunciata dal Tribunale di Velletri ha riscontrato il difetto dell’elemento soggettivo stante “il contesto di incertezza sulla disciplina urbanistica da applicare”.
7.2. Da un secondo punto di vista, la domanda di parte ricorrente risulta sprovvista di prova nel quantum.
7.2.1. A questo proposito, la perizia depositata da parte ricorrente sub doc. 13 si limita a riportare gli andamenti negativi della società ricorrente risultanti dalla documentazione contabile già depositata, replicando, in buona misura, il contenuto di alcuni passaggi del ricorso (p. 14 e 15) e della memoria del 24 gennaio 2024 (p. 13), ma senza chiarire in alcun modo il nesso eziologico che collegherebbe tali andamenti con la vicenda per cui è causa.
7.2.2. Ne deriva che non è possibile disporre la C.T.U. richiesta dalla ricorrente, in quanto la stessa assumerebbe un’inammissibile connotazione esplorativa, dovendosi a questo proposito richiamare l’orientamento secondo cui il suddetto mezzo di indagine non può essere utilizzato al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume, ed è quindi legittimamente negato qualora la parte tenda con esso a supplire alla incompletezza delle proprie allegazioni o offerte di prova, ovvero di compiere una indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati: cfr., ex multis, T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II Stralcio, 31 agosto 2023, n. 13494, richiamando Cass., ord. 7 giugno 2019, n. 15521.
8. In conclusione, per le ragioni che precedono, il ricorso va respinto.
9. Tenuto conto della complessità in fatto e in diritto della presente vicenda, che ha visto le parti contrapposte in numerosi giudizi, ritiene il Collegio che sussistano giustificati motivi per disporre l’integrale compensazione, tra le stesse, delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa le spese di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 febbraio 2024 con l'intervento dei magistrati:
Donatella Scala, Presidente
Vincenzo Sciascia, Referendario
Luigi Edoardo Fiorani, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Luigi Edoardo Fiorani Donatella Scala
IL SEGRETARIO