Il CONSIGLIO DI STATO (sez. VI sentenza 2 maggio 2024 n. 4005) definisce la nuova forma di demo ricostruzione, che può prevedere anche incrementi di volumetria, soltanto nei casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali. Spesso cio’ avviene per promuovere interventi di rigenerazione urbana.
Tale ristrutturazione necessita del permesso di costruire. Non trattandosi di opere di mero recupero, tanto è vero che l’art. 10 comma 1, TUE, annovera gli interventi di ristrutturazione edilizia tra quelli di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio.
Pubblicato il 02/05/2024
N. 04005/2024REG.PROV.COLL.
N. 08472/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8472 del 2023, proposto da Ferrari Franco in proprio e nella sua qualità di procuratore generale di Ferrari Pier Domenico, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Daniele Granara, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Monte Zebio n. 9/11;
contro
Comune della Spezia, in persona Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Stefano Carrabba, Ettore Furia, Marcello Puliga, Giovanni Corbyons, Fabrizio Dellepiane, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria n. 00778/2023.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune della Spezia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 febbraio 2024 il Cons. Luigi Furno e uditi per le parti gli avvocati come da verbale.
FATTO
Con il ricorso di primo grado il signor Franco Ferrari, in proprio e nella sua qualità di procuratore generale del signor Pier Domenico Ferrari, impugnava il provvedimento 12.10.2022, con cui il Comune della Spezia aveva disposto il rigetto dell’istanza di permesso di costruire di cui al prot. 52552 del 2/5/2022, relativa ad un intervento di ristrutturazione urbanistica RU3 in attuazione alla Ricomposizione Urbana RC1 in Località Fossamastra.
Nel ricorso di promo grado esponeva:
- che i ricorrenti sono comproprietari degli immobili siti in La Spezia, Loc. Fossamastra, via Levanto, catastalmente individuati al Fg. 49, mapp. 95;
- che i predetti immobili risultano degradati, non soltanto in via di fatto, ma anche sul piano giuridico per un’espressa previsione pianificatoria, ricadendo in area di ricomposizione urbana, disciplinata all’art. 15 delle N.C.C. del P.U.C. di La Spezia;
- che, con istanza prot. n. 52552 in data 2 maggio 2022, il signor Pier Domenico Ferrari domandava all’Amministrazione comunale il rilascio di un permesso di costruire per la realizzazione di un intervento di ristrutturazione edilizia sui medesimi immobili, con riqualificazione dell’intera area;
- che, per la realizzazione dell’intervento proposto, dell’importo superiore a 5 milioni di euro, essi avrebbero fatto ricorso ad incentivi statali e ad agevolazioni fiscali che prevedono la vendita degli immobili finiti entro il 31.12.2024;
- che l’Amministrazione Comunale, con nota prot. n. 88715 del 25 luglio 2022, comunicava i motivi ostativi all’accoglimento della medesima, ai sensi dell’art. 10-bis della L. n. 241/1990;
- che i ricorrenti presentavano osservazioni, ma che, ciononostante, l’Amministrazione comunicava il definitivo rigetto dell’istanza, con la motivazione che “la proposta di intervento interessa un’Area di ricomposizione urbana del PUC vigente, disciplinata all’art. 15 delle Norme di Conformità e Congruenza, in cui sono ammessi esclusivamente interventi di ristrutturazione urbanistica ‘ru3’ o di nuova costruzione ‘nc2’ come definiti all’art. 6 delle medesime norme, che tale intervento è da assoggettarsi, in base alla norma di PUC, a permesso di costruire convenzionato esteso alla relativa Unità Minima di Intervento, e che nelle more della predisposizione del permesso di costruire convenzionato sono ammessi solo interventi di “manutenzione qualitativa” dell’esistente, riconducibili alle fattispecie previste all’art. 6 fino al ‘Risanamento conservativo di tipo B’, e che pertanto gli interventi di ristrutturazione edilizia non sono compatibili con la pertinente normativa di PUC”.
A sostegno del gravame venivano dedotti sei motivi di ricorso, così rubricati.
1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del D.P.R. n. 380/2001 e s.m.i. in relazione alla violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 15 delle N.C.C. al P.U.C. di La Spezia. Violazione degli artt. 1, 2 e 3 della Legge 7 agosto 1990, n. 241 e s.m.i. Violazione dei principi di efficacia, efficienza e buon andamento dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 Cost.. Eccesso di potere per difetto di presupposti, istruttoria e di motivazione. Travisamento. Perplessità.
2. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del D.P.R. n. 380/2001 e s.m.i. in relazione alla violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 15 delle N.C.C. al P.U.C. di La Spezia. Violazione degli artt. 1, 2 e 3 della Legge 7 agosto 1990, n. 241 e s.m.i.. Violazione dei principi di efficacia, efficienza e buon andamento dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 Cost.. Eccesso di potere per difetto di presupposti, istruttoria e di motivazione. Travisamento. Perplessità. Ulteriore profilo.
3. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del D.P.R. n. 380/2001 e s.m.i. in relazione alla violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 15 delle N.C.C. al P.U.C. di La Spezia. Violazione degli artt. 1, 2 e 3 della Legge 7 agosto 1990, n. 241 e s.m.i.. Violazione dei principi di efficacia, efficienza e buon andamento dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 Cost.. Eccesso di potere per difetto di presupposti, istruttoria e di motivazione. Travisamento. Perplessità.
4. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del D.P.R. n. 380/2001 e s.m.i. in relazione alla violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 15 delle N.C.C. al P.U.C. di La Spezia. Violazione degli artt. 1, 2 e 3 della Legge 7 agosto 1990, n. 241 e s.m.i.. Violazione dei principi di efficacia, efficienza e buon andamento dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 Cost.. Eccesso di potere per difetto di presupposti, istruttoria e di motivazione. Travisamento. Perplessità. Contraddittorietà intrinseca.
5. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del D.P.R. n. 380/2001 e s.m.i. in relazione alla violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 15 delle N.C.C. al P.U.C. di La Spezia. Violazione degli artt. 1, 2 e 3 della Legge 7 agosto 1990, n. 241 e s.m.i.. Violazione dei principi di efficacia, efficienza e buon andamento dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 Cost.. Eccesso di potere per difetto di presupposti, istruttoria e di motivazione. Travisamento. Perplessità.
6. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del D.P.R. n. 380/2001 e s.m.i. in relazione alla violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 15 delle N.C.C. al P.U.C. di La Spezia, in relazione alla violazione e falsa applicazione degli artt. 7, 8, 9, 10 e 10-bis della Legge 7 agosto 1990, n. 241 e s.m.i.. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2 e 3 della Legge 7 agosto 1990, n. 241 e s.m.i.. Violazione dei principi di efficacia, efficienza e buon andamento dell’amministrazione di cui all’art. 97 Cost.. Eccesso di potere per difetto assoluto di presupposti, istruttoria e di motivazione. Travisamento. Perplessità. Omessa considerazione delle osservazioni.
Il T.a.r Liguria, con la decisione 14 agosto 2023, n. 778, ha respinto il ricorso.
Il signor Ferrari ha proposto appello per i motivi riportati nella parte in diritto.
Si è costituito in giudizio il Comune della Spezia, chiedendo il rigetto dell’appello.
La causa è stata decisa all’esito dell’udienza del 22 febbraio 2024.
DIRITTO
Con un primo mezzo di gravame la parte appellante deduce “Erroneità della sentenza per omessa individuazione dell’eccesso di potere per violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 15 delle NCC al PUC di La Spezia”.
In particolare, la parte appellante assume l’erroneità della sentenza di primo grado perché non avrebbe adeguatamente valorizzato il chiaro disposto dell’art. 3, primo comma, lett. d) del DPR n. 380/2001, secondo cui “nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi altresì gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche con le innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica, per l'applicazione della normativa sull’accessibilità, per l'istallazione di impianti tecnologici e per l'efficientamento energetico. L'intervento può prevedere altresì, nei soli casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali, incrementi di volumetria anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana”.
Tale disposizione, nella prospettiva della riduzione del consumo di suolo, introdurrebbe una nuova tipologia di intervento nella definizione di ristrutturazione edilizia: la demolizione e ricostruzione con incrementi volumetrici.
Muovendo da tale premessa, la parte appellante assume che il Giudice di prime cure erroneamente avrebbe ritenuto che qualunque incremento di volume rispetto alla situazione preesistente sia da ricondurre alla fattispecie di cui all’art 3 lett. e1), con l’eccezione del caso in cui un incremento fosse espressamente previsto dagli strumenti urbanistici per il nomen iuris di ristrutturazione edilizia.
In tal modo, il giudice di primo grado avrebbe erroneamente sovrapposto la fattispecie degli “incrementi volumetrici” in ambito di demolizione e ricostruzione della lett. d) del citato art. 3 e la diversa fattispecie di “ampliamento” dei manufatti esistenti contenuta nella lett. e1) del medesimo articolo, relativa alla definizione di nuova costruzione.
Tra le due fattispecie, argomenta l’appellante, non ci sarebbe alcun rapporto di genere e specie, né di regola ed eccezione, in quanto si riferirebbero alla qualificazione di due tipi di intervento edilizio materialmente differenti.
Una cosa sarebbe, argomenta l’appellante, demolire ricostruendo l’edificio con volume incrementato (lettera d) al fine di realizzare un manufatto strutturalmente e energeticamente “moderno”, tutt’altra cosa sarebbe aggiungere ad un manufatto esistente un “ampliamento”.
Ciò in quanto il legislatore avrebbe voluto distinguere gli interventi di demolizione e ricostruzione con incremento volumetrico sub lett. d (certamente più adatti a realizzare i ricercati effetti virtuosi di miglioramento in toto del patrimonio immobiliare preesistente, in termini di complessiva sicurezza e sostenibilità) da quelli diversi, e meno apprezzabili, in cui ci si limita ad ampliare un vecchio edificio esistente con altro volume, limitandosi a consumare ulteriore suolo.
Diversamente da quanto affermato nella sentenza impugnata, inoltre, in nessuna parte dell’art. 15 delle N.C.C. al P.U.C. è previsto che l’indice di utilizzazione fondiaria pari a 0,75 mc/mq è attribuito esclusivamente per gli interventi di nuova costruzione e/o di ristrutturazione urbanistica.
Il motivo non è fondato.
In via generale ricorda il Collegio che, secondo una definizione largamente condivisa anche in dottrina, gli interventi di ristrutturazione edilizia sono rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare a un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi e impianti
Questa definizione è stata originariamente recepita dall’art. 3, comma 1, lett. d), d.P.R. n. 380/2001.
Tale disposizione è stato nondimeno oggetto, nel corso degli anni, di progressivi interventi legislativi, che ne hanno significativamente ampliato la portata e la conseguente sfera applicativa.
Accanto alla originaria matrice comunque conservativa (la ristrutturazione come insieme sistematico di opere sull'esistente volta alla formazione di un corpo edilizio strutturalmente e funzionalmente innovativo) nel tempo sono stati, infatti, ricondotti al perimetro della ristrutturazione anche il ripristino di edifici demoliti o crollati e la demolizione-ricostruzione.
In particolare, con l’entrata in vigore del d.P.R. 380/2001, la versione originaria dell’art. 3, comma 1, lett. d) riconduceva nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia “anche quelli consistenti nella demolizione e successiva fedele ricostruzione di un fabbricato identico, quanto a sagoma, volume, area di sedime e caratteristiche dei materiali, a quella preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica”.
Successivamente, il d.lgs. n. 301/2001 modificava il citato art. 3 comma 1, lett. d), riconducendo nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione dell’immobile con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica.
Con l’entrata in vigore dell’art. 30, comma 1, lett. c), della legge n. 98/2013, il legislatore modificava ulteriormente la nozione di interventi di ristrutturazione edilizia definita dall’art. 3, comma 1, lett. d), d.P.R. n. 380 del 2001, per ricomprendere in tale ambito anche gli interventi consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria del manufatto preesistente, senza la necessità di mantenere identica la sagoma.
Con l'art. 10 d.l. 16 luglio 2020 n. 76, convertito con modificazioni dalla l. 11 settembre 2020 n. 120, la disposizione di che trattasi è stata ulteriormente novellata, prevedendosi la sostituzione del terzo e del quarto periodo della lettera d) nei seguenti termini: “nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi altresì gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversa sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica, per l'applicazione della normativa sull'accessibilità, per l'istallazione di impianti tecnologici e per l'efficientamento energetico. L'intervento può prevedere altresì, nei soli casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali, incrementi di volumetria anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana. Costituiscono inoltre ristrutturazione edilizia gli interventi volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al d. lgs. 22 gennaio 2004 n. 42, nonché a quelli ubicati nelle zone omogenee A, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove siano mantenuti sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell'edificio preesistente e non siano previsti incrementi di volumetria. L’intervento può inoltre prevedere, nei soli casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali, incrementi di volumetria purché sia possibile accertare la preesistente consistenza”.
Le coordinate normative delineate trovano, del resto, corrispondenza, sul piano sistematico, nella analoga evoluzione normativa che ha interessato l’art. 10, d.P.R. n. 380/2001, il quale, in relazione all’ambito di applicazione del permesso di costruire, originariamente disponeva, al comma 1,“Costituiscono interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio e sono subordinati a permesso di costruire: … t. c) gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, nei casi in cui comportino anche modifiche della volumetria complessiva degli edifici ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d’uso, nonché gli interventi che comportino modificazioni della sagoma o della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti di immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42”.
Con la novella recata dall’art. 10 del d.l. n 76/2020, è stata, infatti, modificata la lettera C) dell’art. 10 TUE nei seguenti termini: “gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, nei casi in cui comportino anche modifiche della volumetria complessiva degli edifici”.
All’esito della riportata evoluzione normativa, in caso di 'modifiche complessive della volumetria degli edifici' si ricade nel regime degli interventi subordinati a permesso di costruire.
L’art. 10 del d.P.R. n. 380 del 2001 prevede, infatti, che il permesso di costruire è necessario per gli “interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio”, espressamente indicando, tra questi, (comma 1) gli interventi di nuova costruzione (lett. a), gli interventi di ristrutturazione urbanistica (lett. b) e gli interventi di ristrutturazione edilizia (lett. c), con modifiche di sagoma, prospetti o volumetria, a seconda dei casi.
Il comma 2 prevede, infine, che le Regioni possono stabilire con legge “quali mutamenti, connessi o non connessi a trasformazioni fisiche, dell’uso di immobili o di loro parti, sono subordinati a permesso di costruire o a segnalazione certificata di inizio attività”.
In conclusione, alla luce del quadro regolatorio suesposto, contrariamente a quanto assume la parte appellante, l’intervento di demolizione e ricostruzione può prevedere anche incrementi di volumetria, ma soltanto nei casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana ed è, comunque, soggetto al regime normativo del permesso di costruire.
E in effetti, anche quando l’incremento di volumetria preesistente è espressamente consentito nei termini appena indicati (ovvero quando sia espressamente previsto dal PRG o dalla legislazione), come la migliore dottrina non ha mancato di osservare, si versa in una fattispecie che esorbita dalle opere di mero recupero, tanto è vero che l’art. 10 comma 1, TUE, come visto, annovera gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino a un organismo in tutto o in parte diverso dal precedente, nei casi in cui comportino anche modifiche della volumetria complessiva degli edifici, tra quelli di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, prevedendosi l’assoggettamento di tale fattispecie al regime del permesso di costruire e non a quello della segnalazione certificata di inizio attività.
In sostanza, il legislatore statale collega la necessità del permesso di costruire a fenomeni di “trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio” e, in primo luogo, qualifica come tali la nuova costruzione, la ristrutturazione urbanistica e la ristrutturazione edilizia; in secondo luogo, demanda alle Regioni di individuare quali interventi (diversi da quelli precedentemente indicati) comportanti trasformazione urbanistica (ma non necessariamente edilizia), richiedano il permesso di costruire in ragione della loro natura ed incidenza, in particolare, sul carico urbanistico.
In ambedue le ipotesi innanzi considerate, appare evidente come il permesso di costruire si colleghi sempre ad interventi che incidono sul territorio, trasformandolo sul piano urbanistico - edilizio, o anche su uno solo dei due (Cons. Stato, sez. IV, 30 maggio 2017, n. 2567).
La ratio di tale complessiva disciplina risiede, all’evidenza, nella necessità che tali interventi particolarmente impattanti sul piano urbanistico - edilizio (cosiddetta ristrutturazione 'pesante') possano essere realizzati prescindendo da un armonico disegno pianificatorio, mediante una semplice segnalazione certificata da parte del privato.
Applicando tali coordinate al caso in esame, rileva il Collegio che non è controverso in atti e tra le parti che l’operazione di ristrutturazione di che trattasi implica un incremento di volume.
L'intervento edilizio in esame consiste, infatti, nella completa demolizione di tutti i manufatti oggi presenti nell’area in questione e la costruzione, in luogo di questi ed utilizzando l’indice edificatorio previsto dalla pertinente scheda del PUC vigente (Elaborato P7), di tre nuovi edifici residenziali a più piani.
Tale incremento di volumetria, sulla scorta di quanto in precedenza evidenziato, è nondimeno ammissibile solo in presenza di una espressa previsione legislativa ovvero di dello strumento urbanistico comunale.
Ma così non è nella fattispecie in esame, perché la legislazione ligure fa rientrare tra gli interventi di ristrutturazione edilizia quelli comportanti ampliamenti “diversi da quelli di nuova costruzione di cui all'articolo 15 e, quindi, entro soglie percentuali predeterminate dalla disciplina urbanistica senza applicazione dell'indice edificatorio la cui entità, espressa in superficie agibile (S.A.) o volume come definito dallo strumento urbanistico, non può eccedere il 20 per cento del volume geometrico di cui all'articolo 70” (art. 10 comma 2 lett. f, abrogato dall'art. 7, comma 1, L.R. 28 giugno 2017, n. 15, a decorrere dal 30 giugno 2017).
Ne deriva che, in relazione all’intervento in esame, il massimo di incremento superficiario una tantum connesso alla ristrutturazione è quantificato dall’art. 6 del P.U.C. di La Spezia in soli 16 mq di superficie utile lorda (r2 – adeguamento funzionale) per ogni unità immobiliare esistente alla data di adozione del P.U.C. (cfr. 10 delle produzioni di parte comunale), mentre l’indice edificatorio utilizzato dalla parte appellante è quello di 0,75 mc/mq, ovvero l’indice fondiario che il P.U.C. connette inscindibilmente, per le aree di ricomposizione urbana in ambiti di conservazione o ad elevata densità RC in cui ricade l’intervento, a quelli di nuova costruzione e/o di ristrutturazione urbanistica (cfr. l’art. 15 comma 8a delle norme di conformità e congruenza del P.U.C.).
L’equivoco in cui incorre la parte appellante è quello di non considerare che, a differenza della fattispecie della ricostruzione con diversa sagoma e sedime, le modifiche e gli ampliamenti volumetrici di manufatti edilizi continuano ad integrare, di regola, interventi di nuova costruzione (art. 3 comma 1 lett. e.1 D.P.R. n. 380/2001), sicché, ai sensi del richiamato art. 3 comma 1 lett. d) del D.P.R. n. 380/2001, l’incremento volumetrico eccezionalmente (art. 14 disp. prel. cod. civ.) conseguibile con un intervento di ristrutturazione edilizia è soltanto quello specificamente ammesso una tantum dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali per tale tipo di intervento edilizio e non quello (eventualmente) maggiore connesso all’indice edificatorio previsto per gli interventi di nuova costruzione o di ristrutturazione urbanistica.
L'indice di 0,75 mc/mq è infatti un indice edificatorio inscindibilmente connesso a un intervento di nuova costruzione, non un indice di incremento volumetrico applicabile per ampliamenti di edifici esistenti.
La ragione giustificatrice si rinviene nella circostanza per cui l’indice edificatorio in esame si collega alla realizzazione di nuovi edifici, in quanto gli stessi saranno integrati da nuove opere di urbanizzazione, realizzando in tal modo l'obiettivo di sostituire l'insediamento urbanistico preesistente con un insediamento nuovo nell'ambito di un nuovo e complessivo disegno urbanistico finalizzato ad armonizzare il tessuto urbanistico dell'area di ricomposizione urbana con quello delle aree circostanti.
Con un secondo mezzo di gravame la parte appellante ripropone i motivi del ricorso di primo grado rimasti, a suo dire, assorbiti nella sentenza impugnata.
In particolare, con il primo motivo del ricorso di primo grado erano state dedotte: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del D.P.R. n. 380/2001 e s.m.i. in relazione alla violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 15 delle N.C.C. al P.U.C. di La Spezia. Violazione degli artt. 1, 2 e 3 della Legge 7 agosto 1990, n. 241 e s.m.i. Violazione dei principi di efficacia, efficienza e buon andamento dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 Cost.. Eccesso di potere per difetto di presupposti, istruttoria e di motivazione. Travisamento. Perplessità”.
Secondo la parte appellante, l’Amministrazione partirebbe dal presupposto erroneo di assumere, quale parametro qualificatori dell’intervento in esame, le definizioni degli interventi edilizi contenute nell’art. 6 delle N.C.C. al P.U.C. di La Spezia, da ultimo modificato con deliberazione di Consiglio Comunale n. 35/2011, piuttosto che quelle di cui all’art. 3 del DPR n. 380/2001, che, invece, dovrebbero prevalere sulle disposizioni degli strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edilizi.
Premesso che la definizione legislativa di ristrutturazione edilizia è mutata nel tempo dopo l’approvazione del P.U.C., e che essa, ad oggi, ricomprende anche gli interventi di demo-ricostruzione con modifiche di sagoma, sedime e prospetti, e con ampliamento volumetrico (un tempo riconducibili alla nuova costruzione), assume la parte appellante che se il fine pianificatorio è la riqualificazione dell’area, questa finalità dovrebbe essere ritenuta raggiungibile – in ragione dell’evoluzione legislativa – anche con un intervento meno impattante di ristrutturazione edilizia in luogo di un intervento di nuova costruzione (come previsto dal P.U.C.).
Del resto, si argomenta in tale ottica ricostruttiva, se una data previsione pianificatoria (qual è l’art. 15 delle N.C.C. al P.U.C. di La Spezia) consente la realizzazione di interventi di ristrutturazione urbanistica e addirittura di nuova costruzione per il perseguimento delle finalità pianificatorie, la stessa non potrebbe ritenersi preclusiva della realizzazione di diversi interventi di minore impatto edilizio, i quali, in ragione dell’evoluzione legislativa, permetterebbero il raggiungimento delle medesime finalità.
Il motivo non è fondato.
In senso contrario, oltre a richiamare in parte qua le argomentazioni già sviluppate in relazione al primo motivo di appello, il Collegio evidenzia che il complessivo ragionamento della parte appellante è viziato dalla mancata adeguata considerazione della evidenziata ratio che associa un maggior indice esclusivamente agli interventi di nuovo costruzione. Essa, come anticipato, trova fondamento nella necessità che la realizzazione di nuove volumetrie sia integrata da nuove opere di urbanizzazione e, contrariamente a quanto sostenuto dalla parte appellante, tale giustificazione traccia una ragionevole linea di discrimine rispetto agli interventi di mera ristrutturazione c.d. leggera ( ovvero non comportante ampliamenti volumetrici).
Di qui l’infondatezza dell’assunto coltivato dalla parte appellante secondo cui la ristrutturazione edilizia, intesa nella descrizione datane dalla lett. d) del testo novellato dell'art. 3 T.U. Edilizia, consentirebbe di raggiungere lo stesso obiettivo pianificatorio posto dal PUC 'con modalità meno invasive'.
Tale assunto urta contro la evidente obiezione secondo la quale il medesimo obiettivo pianificatori non è per definizione raggiungibile esentando, come accadrebbe laddove si aderisse alla tesi prospettata dall’appellante, l’operatore dall’assumere l’obbligo di realizzare le opere di urbanizzazione previste dal PUC.
Con il terzo motivo del ricorso di primo grado erano state dedotte: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del D.P.R. n. 380/2001 e s.m.i. in relazione alla violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 15 delle N.C.C. al P.U.C. di La Spezia. Violazione degli artt. 1, 2 e 3 della Legge 7 agosto 1990, n. 241 e s.m.i.. Violazione dei principi di efficacia, efficienza e buon andamento dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 Cost.. Eccesso di potere per difetto di presupposti, istruttoria e di motivazione. Travisamento. Perplessità”.
Ad avviso della parte appellante, l’intervento di demo-ricostruzione con ampliamento sarebbe conforme ai limiti di incremento volumetrico previsti dal P.U.C. di La Spezia e, conseguentemente, ricadrebbe nella definizione di “ristrutturazione edilizia”, senza integrare – come invece ritenuto dall’Amministrazione - una ristrutturazione urbanistica.
Inoltre – sotto un secondo profilo - la previsione di opere di urbanizzazione non potrebbe in alcun modo modificare la qualificazione giuridica dell’intervento edilizio (da ristrutturazione a permesso di costruire).
Il motivo non è fondato.
Esso, nella misura in cui ripropone le censure, già analizzate e ritenuta infondate in relazione ai primi tre motivi di appello, va respinto per le medesime ragioni ivi indicate
Come il Collegio ha già avuto modo di affermare in occasione dell’esame dei primi due motivi di appello, il consistente ampliamento volumetrico relativo al progetto ricostruttivo di che trattasi, esorbita dai limiti di quello eccezionalmente ammesso in base al combinato disposto di cui all’art. 3 comma 1 lett. d) del D.P.R. n. 380/2001 ed al P.U.C. di La Spezia per gli interventi di ristrutturazione edilizia (16 mq di superficie utile lorda per ogni unità immobiliare esistente alla data di adozione del P.U.C.) in quanto utilizza l’indice di utilizzazione fondiaria 0,75 mc/mq relativo agli interventi di nuova costruzione.
Con il quarto motivo del ricorso di primo grado erano state dedotte: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del D.P.R. n. 380/2001 e s.m.i. in relazione alla violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 15 delle N.C.C. al P.U.C. di La Spezia. Violazione degli artt. 1, 2 e 3 della Legge 7 agosto 1990, n. 241 e s.m.i.. Violazione dei principi di efficacia, efficienza e buon andamento dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 Cost.. Eccesso di potere per difetto di presupposti, istruttoria e di motivazione. Travisamento. Perplessità. Contraddittorietà intrinseca”.
A giudizio della parte appellante, l’assunto secondo cui l’intervento prospettato sarebbe riconducibile ad un intervento di ristrutturazione urbanistica costituirebbe una mera petizione di principio, del tutto scollegata dalla realtà progettuale, che non prevede alcuna sostituzione dell’esistente tessuto urbanistico-edilizio, alcuna modifica del disegno dei lotti, alcuna modifica degli isolati e alcuna modifica della rete stradale.
Ad avviso della parte appellante, contraddittoriamente l’Amministrazione sostiene che l’intervento di ristrutturazione edilizia in esame non è assentitile da un lato perché le previsioni pianificatorie ammettono solo interventi di nuova costruzione e di ristrutturazione urbanistica, dall’altro perché l’intervento sarebbe eccedente il limite della ristrutturazione edilizia, per integrare un intervento di nuova costruzione o di ristrutturazione urbanistica.
Il motivo non è fondato.
Esso, nella misura in cui ricalca, le censure, già analizzate e ritenuta infondate in relazione ai primi tre motivi di appello, va preliminarmente respinto per le medesime ragioni ivi indicate.
Contrariamente a quanto assume la parte appellante, nessuna contraddizione è ravvisabile nella motivazione del provvedimento impugnato, la quale ha correttamente negato la pretesa della parte appellante di qualificare l’intervento ricostruttivo di che trattasi come ristrutturazione edilizia (al fine di accedere alle conseguenti agevolazioni fiscali – superbonus, ecobonus e bonus ristrutturazioni) in assenza di una espressa previsione legislativa o del PGR.
Con il quinto motivo del ricorso di primo grado erano state dedotte:Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del D.P.R. n. 380/2001 e s.m.i. in relazione alla violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 15 delle N.C.C. al P.U.C. di La Spezia. Violazione degli artt. 1, 2 e 3 della Legge 7 agosto 1990, n. 241 e s.m.i.. Violazione dei principi di efficacia, efficienza e buon andamento dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 Cost.. Eccesso di potere per difetto di presupposti, istruttoria e di motivazione. Travisamento. Perplessità”.
Ad avviso della parte appellante, un ulteriore causa di illegittimità del provvedimento impugnato con il ricorso si primo grado si anniderebbe nell’aver ravvisato il mancato rispetto di quanto previsto dall’art. 15 comma 9 delle Norme di conformità e congruenza circa le obbligatorie destinazioni del 50% della superficie del piano terra, muovendo dalla preliminare qualificazione dell’intervento da realizzare come nuova costruzione, anziché come ristrutturazione edilizia.
Il motivo non è fondato essendo, per le ragioni già evidenziante, ancora una volta erronea la premessa da cui muove la parte appellante secondo cui l’intervento in esame sarebbe da qualificare come di ristrutturazione edilizia.
Da quanto osservato in relazione all’esame dei precedenti motivi di appello, discende, infatti, che il Comune ha correttamente qualificato l’intervento di ricostruzione in parola come intervento di nuovo costruzione.
Con il sesto motivo del ricorso di primo grado erano state dedotte: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del D.P.R. n. 380/2001 e s.m.i. in relazione alla violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 15 delle N.C.C. al P.U.C. di La Spezia, in relazione alla violazione e falsa applicazione degli artt. 7, 8, 9, 10 e 10-bis della Legge 7 agosto 1990, n. 241 e s.m.i.. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2 e 3 della Legge 7 agosto 1990, n. 241 e s.m.i.. Violazione dei principi di efficacia, efficienza e buon andamento dell’amministrazione di cui all’art. 97 Cost.. Eccesso di potere per difetto assoluto di presupposti, istruttoria e di motivazione. Travisamento. Perplessità. Omessa considerazione delle osservazioni”.
I provvedimenti gravati sarebbero, nella prospettiva della parte appellante, illegittimi poiché, in violazione delle suindicate norme sul procedimento amministrativo, non avrebbero tenuto in alcuna considerazione gli apporti procedimentali offerti all’Amministrazione dai ricorrenti e le integrazioni documentali prodotte.
Il motivo non trova corrispondenza nelle risultanze del procedimento amministrativo dalle quali si ricava che è stata garantita la partecipazione dell’appellante, il quale, più volte, è stato posto in condizione di integrare la documentazione originariamente offerta e di formulare le proprie osservazioni.
Contrariamente a quanto si assume nel motivo di appello in esame, le motivazioni del diniego risultano puntualmente esplicitate e ulteriormente chiarite nell’atto che – a seguito della richiesta di intervento in autotutela – ha confermato le ragioni del diniego ritenendo insufficienti le integrazioni e le controdeduzioni presentate.
La legittimità del provvedimento di diniego del Comune della Spezia consente, infine, di disattendere anche la domanda di risarcimento del danno.
Sul punto invero è sufficiente richiamare la decisione della Adunanza Plenaria n. 7/2021 che, nel solco della storica sentenza delle Sezioni Unite numero 500 del 1999, ha ribadito la riconducibilità della responsabilità dell’amministrazione per l’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa o per il mancato esercizio di quella doverosa al paradigma della responsabilità da fatto illecito, sia pure con alcuni adattamenti.
In tale prospettiva, l’esercizio della funzione pubblica, manifestatosi tanto con l’emanazione di atti illegittimi quanto con un’inerzia colpevole, può quindi essere fonte di responsabilità sulla base del principio generale neminem laedere disciplinato dall’art. 2043 del codice civile - in cui è affermato un principio generale dell’ordinamento - secondo cui «qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno».
Elemento centrale nella fattispecie di responsabilità ora richiamato è quindi l’ingiustizia del danno, da dimostrare in giudizio. Declinata nel settore relativo al «risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi», di cui all’art. 7, comma 4, cod. proc. amm., il requisito dell’ingiustizia del danno implica che il risarcimento potrà essere riconosciuto se l’esercizio illegittimo del potere amministrativo abbia leso un bene della vita del privato, che quest’ultimo avrebbe avuto titolo per mantenere o ottenere, secondo la dicotomia interessi legittimi oppositivi e pretensivi.
Alla stregua di tali condivisibili coordinate interpretative, manca nel caso all’esame del Collegio, il primo presupposto per configurare la responsabilità della pubblica amministrazione da attività provvedimentale, vale a dire sotto l’integrazione del danno ingiusto (c.d. danno evento), non ravvisando il Collegio, in radice, l’illegittimità dell’agire provvedimentale nell’operato dell’amministrazione resistente.
Le considerazioni che precedono impongono, pertanto, la reiezione dell’appello e la conferma, sia pure con le precisazioni svolte in motivazione, della sentenza impugnata.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge nei sensi di cui in motivazione.
Condanna la parte appellante alla rifusione delle spese di lite che liquida in complessivi € 5000,00 (cinquemila), oltre accessori di legge, in favore del comune della Spezia.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 febbraio 2024 con l'intervento dei magistrati:
Vincenzo Neri, Presidente
Giuseppe Rotondo, Consigliere
Michele Conforti, Consigliere
Luigi Furno, Consigliere, Estensore
Paolo Marotta, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Luigi Furno Vincenzo Neri
IL SEGRETARIO
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