Studio Legale Ollari
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Notizia 24/04/2024

garage che diventa abitazione






Se le opere realizzate al piano interrato determinano un cambio di destinazione d'uso urbanisticamente rilevante

1) Se il garage viene trasformato in magazzino o deposito, rimanendo quindi spazio accessorio, senza permanenza di persone, la trasformazione l'abuso è meno grave
2) se il garage viene trasformato in vano destinato alla residenza, anche a tralasciare i profili igienico-sanitari di abitabilità, si configura come un ampliamento della superficie residenziale e della relativa volumetria autorizzate con l'originario permesso di costruire.

Pubblicato il 31/01/2024
N. 00954/2024REG.PROV.COLL.

N. 10526/2019 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10526 del 2019, proposto da Enrico Arcangeli, rappresentato e difeso dall'avvocato Maurizio Morri, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro

il Comune di Misano Adriatico, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;
Paola Arrobbio, non costituita in giudizio;
per la riforma

- della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna, Bologna, sezione prima, n. 00374/2019, depositata il 27 aprile 2019.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 15 dicembre 2023 il consigliere Marina Perrelli e viste le conclusioni di parte appellante come in atti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

L’appellante Enrico Arcangeli ha chiesto la riforma della sentenza n. 374, pubblicata il 27 aprile 2019, con la quale il T.a.r. per l’Emilia – Romagna, sede di Bologna, sezione I, ha respinto il ricorso R.g. n. 201/2012 proposto avverso l’ordinanza di demolizione adottata dal Comune di Misano Adriatico con atto n. 338 del 29 novembre 2011.

L’appellante ha esposto che:

- l’immobile oggetto di controversia è un fabbricato ad uso abitativo sito in Misano Adriatico, via Bruscheto 32, catastalmente identificato al foglio 4, mappale 368, legittimato con concessione in sanatoria n. 324-1394 rilasciata il 15 aprile 1988, ai sensi dell’art. 31 della legge n. 47/1985, successivamente risanato e consolidato con concessione edilizia n. 2997 del 6 marzo 1990 e ampliato con concessione in sanatoria n. 320-530 rilasciata il 13 giugno 2000, ai sensi dell’art. 39 della legge n. 724/1994;

- a seguito di sopralluogo del 27 luglio 2011 è stata accertata l’esecuzione di opere non autorizzate con il condono di cui alla legge n. 724/1994 e, segnatamente: a) al piano seminterrato in difformità da quanto legittimato il vano scala era stato utilizzato per ricavarvi un altro servizio igienico, la rampa di accesso era stata realizzata sull’altro lato dell’edificio con apertura di una finestra a fianco della porta d’ingresso e entrambi i locali, divisi da una parete posta in sede diversa da quella autorizzata, avevano la destinazione a tavernetta, originariamente prevista solo per uno, dovendo essere adibito l’altro a garage; b) al piano terra e all’esterno era stata accentuata la sporgenza del porticato mediante il prolungamento della tettoia di copertura, era stato realizzato un porticato anche sul lato opposto rispetto al fronte dell’edificio, posto a copertura della scala di accesso al piano seminterrato e chiuso con delle vetrate, il corpo di fabbrica era stato ampliato sul retro mediante un corridoio, a copertura lignea, che lo collegava a due moduli edilizi, utilizzabili, l’uno come garage, e l’altro senza una destinazione in atto, nonché sull’area circostante erano state edificate due tettoie in corpi staccati ad uso di deposito di legna e di riparo per autovetture;

- l’amministrazione comunale ha qualificato le opere realizzate al piano seminterrato come interventi di ristrutturazione edilizia, sanzionabili ai sensi degli artt. 14, comma 1, della L.R. n. 23/2004 e 33, comma 1, del d.P.R. n. 380/2001, e quelle realizzate al piano terra e sull’area scoperta, come interventi di nuova costruzione in ampliamento, sanzionabili ai sensi degli artt. 13, comma 1, della L.R. n. 23/2004 e 31, comma 1, del d.p.R. n. 380/2001;

- con ordinanza n. 338 del 29 novembre 2011 è stata ingiunta la demolizione delle predette opere;

- la sig.ra Paola Arrobbio, in qualità di proprietaria dell’immobile, è la destinataria dell’ordinanza di demolizione impugnata in primo grado;

- nelle more del giudizio dinnanzi al T.a.r. la sig.ra Arrobbio ha esercitato davanti al Tribunale di Rimini un’azione civile per la declaratoria della nullità del contratto con il quale aveva acquistato l’immobile dall’odierno appellante, precedente proprietario e asserito committente delle opere oggetto dell’ordinanza di demolizione;

- il Tribunale di Rimini, con la sentenza n. 100 dell’1 febbraio 2019, ha accolto la domanda, dichiarando la nullità del contratto di compravendita e condannando la sig.ra Arrobbio alla restituzione dell’immobile al sig. Arcangeli;

- con la sentenza appellata il giudice di primo grado ha respinto il ricorso.

1.3. Tanto premesso in fatto anche ai fini della legittimazione all’appello, il sig. Arcangeli chiede la riforma della sentenza appellata perché:

1) avrebbe erroneamente ritenuto che il mutamento di destinazione d’uso della cantina a tavernetta, con i connessi impianti e l’aggiunta di un bagno, consentirebbe la qualificazione delle opere nel seminterrato come ristrutturazione edilizia, senza considerare che già il condono del 1994 aveva assentito la destinazione di uno dei due locali a tavernetta e che il mutamento non avrebbe riguardato l’edificio nella sua interezza, trasformandolo da abitativo a produttivo o a direzionale o viceversa, né avrebbe consentito l’utilizzazione di una sua parte per una differente destinazione;

2) avrebbe erroneamente ritenuto non applicabile alle opere realizzate al piano terra dell’edificio, in ampliamento del corpo di fabbrica, la sanzione pecuniaria in sostituzione della demolizione sull’erroneo presupposto della realizzazione delle dette opere in assenza piuttosto che in difformità dal titolo edilizio e della mancanza di un accertamento tecnico che ne constati l’incidenza sulla stabilità delle opere legittimate;

3) avrebbe erroneamente valorizzato la mancata richiesta di una sanatoria delle opere realizzate, correlata all’affermazione contenuta nel provvedimento impugnato dell’insanabilità delle stesse, e non avrebbe valutato la disapplicazione del Regolamento edilizio che illegittimamente nega il beneficio dell’ampliamento ai fabbricati sui quali siano state eseguite opere condonate.

2. Il Comune di Misano Adriatico e la sig.ra Paola Arrobbio, benché ritualmente citati, non si sono costituiti in giudizio.

3. All’udienza del 15 dicembre 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

4. L’appello non è fondato e va respinto.

5. Il Collegio premette che l’odierno appellante, attuale proprietario dell’immobile in controversia a seguito della sentenza del Tribunale di Rimini n. 100 dell’1 febbraio 2019, è legittimato ad impugnare la sentenza di primo grado che ha respinto il ricorso proposto dalla sig.ra Arrobbio, in qualità di proprietaria e destinataria dell’ordine di demolizione.

6. Dalla lettura dell’atto di appello si evince che non vi è contestazione in merito alla effettiva realizzazione delle opere analiticamente descritte nel verbale prot. n. 73/URB del 27 luglio 2011, posto a fondamento dell’ordinanza di demolizione e di ripristino n. 338 del 29 novembre 2011, quanto piuttosto sulla loro qualificazione come ristrutturazione edilizia, anziché come manutenzione con le correlate differenze che ne conseguono sotto il profilo sanzionatorio.

7. Il giudice di primo grado ha respinto il ricorso affermando che “per poter classificare un intervento edilizio come manutenzione straordinaria, non vi deve essere modificazione della destinazione d’uso, mentre nel caso di specie essa è avvenuta perché da uso cantina si è passati ad una vera e propria tavernetta cioè un locale con cucina, arredi ed impianti con un nuovo W.C. più funzionale ad uso abitativo del precedente. Si deve parlare, invece, di ristrutturazione edilizia cioè “interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto od in parte diverso dal precedente” in assenza di titolo abilitativo come si ricava agevolmente dalla visione delle foto inserite nella relazione comunale”.

8. Il Collegio ritiene che la sentenza sia esente dai vizi lamentati con il primo motivo di appello.

8.1. Al riguardo il Collegio non può che richiamare, quanto affermato dalla recente e costante giurisprudenza del Consiglio di Stato e di questa stessa sezione, con riguardo a casi analoghi a quello in esame, aventi ad oggetto l’accertato mutamento di destinazione d’uso di locali, previsti in progetto quale garage, mediante la creazione di nuovi volumi residenziali, non meramente accessori o tecnici.

Secondo il predetto orientamento, premesso che gli standard urbanistici hanno una “funzione di equilibrio dell’assetto territoriale e di salvaguardia dell’ambiente e della qualità di vita” (Cons. Stato, sez. II, n. 9614 del 2022; Cons. Stato, sez. IV, n. 4068 del 2019), “la destinazione del piano in questione (interrato, ma analogo discorso vale per il sottotetto) ad abitazione ha determinato un incremento delle volumetrie e delle superfici ‘utili’ – ossia utilmente fruibili – con conseguente aggravio del carico urbanistico, secondo quanto previsto dall’art. 32, comma 1 lett. a) D.P.R. n. 380/2001, a norma del quale costituisce ‘variazione essenziale’ ogni ‘mutamento della destinazione d’uso che implichi variazione degli standards previsti dal decreto ministeriale 2 aprile 1968, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968” (Cons. Stato, sez. II, n.6085 del 2023).

Pertanto, nell’ambito di una unità immobiliare ad uso residenziale, devono distinguersi i locali abitabili in senso stretto dagli spazi “accessori” che non hanno valore di superficie edificabile e non sono presi in considerazione come superficie residenziale all’atto del rilascio del permesso di costruire; autorimesse, cantine e locali di servizio rientrano in questa categoria.

Da ciò consegue che non è possibile ritenere urbanisticamente irrilevante la trasformazione di un garage in un locale abitabile; a differenza dell’ipotesi in cui il garage venga trasformato - con o senza opere- in magazzino o deposito, rimanendo quindi spazio accessorio, senza permanenza di persone, “la trasformazione in vano destinato alla residenza, anche a tralasciare i profili igienico-sanitari di abitabilità, si configura come un ampliamento della superficie residenziale e della relativa volumetria autorizzate con l’originario permesso di costruire” (Cons. Stato, sez. VII, n. 835 del 2023).

8.2. Facendo applicazione dei predetti principi al caso di specie è, quindi, evidente che le opere realizzate al piano interrato determinano un cambio di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante con le correlate conseguenze in termini di qualificazione dell’intervento e delle connesse conseguenze sanzionatorie.

9. Sono infondati e da disattendere anche gli ulteriori due motivi di appello.

9.1. Con riguardo alla dedotta mancata valutazione da parte dell’amministrazione della sanabilità delle opere il Collegio rileva che secondo la costante giurisprudenza la conformità urbanistica delle opere deve essere oggetto di valutazione da parte dell’amministrazione comunale solo nell’ipotesi in cui il privato abbia presentato un’istanza di accertamento di conformità.

E, infatti, “in presenza di abusi edilizi, la vigente normativa urbanistica non pone alcun obbligo in capo all'autorità comunale, prima di emanare l'ordinanza di demolizione, di verificarne la sanabilità ai sensi dell'art. 36, d.P.R. n. 380 del 2001 e tanto si evince chiaramente dagli artt. 27 e 31, del medesimo d.P.R. n. 380 cit., che obbligano il responsabile del competente ufficio comunale a reprimere l'abuso, senza alcuna valutazione di sanabilità, nonché dallo stesso art. 36 che rimette all'esclusiva iniziativa della parte interessata l'attivazione del procedimento di accertamento di conformità urbanistica”(Cons. Stato, sez. VI, 17 novembre 2023, n. 9866; Cons. Stato, sez.VI 20 luglio 2021, n. 5457).

9.2. Nel caso di specie è pacifico che la ricorrente in primo grado non abbia presentato alcuna domanda per sanare le opere abusivamente realizzate e che non vi era alcun obbligo dell’amministrazione di valutarne la sanabilità prima di adottare il provvedimento sanzionatorio.

9.3. Con riguardo alla dedotta omessa valutazione della sostituibilità della sanzione demolitoria con quella pecuniaria il Collegio, premessa per le ragioni esposte in relazione ai precedenti motivi la sanzionabilità delle opere abusivamente realizzate con la demolizione, evidenzia che l'applicabilità della sanzione pecuniaria può essere decisa dall'amministrazione solo nella fase esecutiva dell'ordine di demolizione e non prima, sulla base di un motivato accertamento tecnico. La valutazione, cioè, circa la possibilità di dare corso alla applicazione della sanzione pecuniaria in luogo di quella ripristinatoria costituisce una mera eventualità della fase esecutiva, successiva alla ingiunzione a demolire, con la conseguenza che la mancata valutazione di tale eventualità non può costituire un vizio dell'ordine di demolizione, come correttamente evidenziato dal giudice di primo grado (Cons. Stato, sez. VI, 14 luglio 2023, n. 6894).

10. Per le ragioni esposte l’appello deve essere respinto.

11. Nulla va disposto in relazione alle spese in considerazione della mancata costituzione dell’amministrazione resistente e della sig.ra Arrobbio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Nulla spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 dicembre 2023, tenuta da remoto ai sensi dell’art. 17, comma 6, del d.l. 9 giugno 2021, n. 80, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2021, n. 113, con l'intervento dei magistrati:

Marco Lipari, Presidente

Daniela Di Carlo, Consigliere

Carmelina Addesso, Consigliere

Marina Perrelli, Consigliere, Estensore

Ofelia Fratamico, Consigliere



L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Marina Perrelli Marco Lipari





IL SEGRETARIO




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