SAPERE E’ POTERE: L’ACCESSO CIVICO GENERALIZZATO ED I SUOI (POCHI) LIMITI
Abstract : Cons. Stato, sez. IV, 16 novembre 2023, n. 9849)
L’accesso civico generalizzato è il diritto della persona a ricercare informazioni nonché a conoscere i dati e le decisioni delle amministrazioni, per rendere possibile quel controllo democratico che l’istituto intendere perseguire. Per tale motivo di interesse generale non occorre verificare la legittimazione o l’interesse di chi fa domanda, poiché chiunque può visionare ed estrarre copia cartacea o informatica di atti ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione obbligatoria.
L’accesso civico generalizzato incontra un limite non superabile nelle cause ostative indicate tassativamente dall’articolo 5-bis, d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33.
Invece, l’accesso documentale (previsto dalla legge 241/990) esige la titolarità di una situazione giuridica legittimante (attraverso la dimostrazione della legittimazione e dell’interesse), ma sancisce la prevalenza dell’interesse conoscitivo difensivo nel conflitto con le contrastanti esigenze di riservatezza.
Principi Fondamentali
Scientia potentia est è un aforisma latino che significa «sapere è potere». Forse non sarà potere, ma il diritto di accesso all'informazione (scritta ma non conoscibile se non attraverso apposita istanza) è un elemento chiave per una democrazia sana e partecipativa. Questo principio si basa sulla convinzione che i cittadini abbiano il diritto di conoscere come vengono prese le decisioni pubbliche e come vengono spesi i fondi pubblici.
L'accesso civico generalizzato favorisce la trasparenza delle istituzioni pubbliche, consentendo ai cittadini di monitorare le attività governative e degli enti pubblici e di valutarne l'efficacia e l'efficienza. Inoltre, promuove la responsabilità dell’amministrazione, poiché le istituzioni sono tenute a rendere conto delle proprie azioni e a rispondere alle richieste di informazioni dei cittadini.
Nascita dell’accesso civico generalizzato
Il d.lgs. 25 maggio 2016 n. 97, che ha introdotto l’accesso civico novellando l’art. 5 d.lgs. n. 33/2013, si è dichiaratamente ispirato al cd. “Freedom of information act” che, nel sistema giuridico americano, ha da tempo superato il principio dei limiti soggettivi all’accesso, riconoscendolo ad ogni cittadino, con la sola definizione di un “numerus clausus” di limiti oggettivi, a tutela di interessi giuridicamente rilevanti, che sono appunto precisati nello stesso art. 5 co. 2 d.lgs. n. 33/2013.
L’intento del legislatore delegato è stato quello di “favorire forme diffuse di controllo nel perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche”, promuovendo così “la partecipazione al dibattito pubblico”.
La “ratio” dell’intervento è stata declinata in tutte le sue implicazioni dal Consiglio di Stato (cfr. Commiss. Speciale 24 febbraio 2016 n. 515) il quale, nell’esprimere il proprio parere favorevole sullo schema di decreto legislativo, ha apprezzato, tra gli altri, due aspetti, che assumono rilevanza ai fini della presente decisione:
A) Il primo aspetto, cioè la già sottolineata limitazione soltanto oggettiva dell’accesso civico, comporta che, oltre alle specifiche “materie” sottratte – ad esempio quelle relative alla politica estera o di sicurezza nazionale – vi possono essere “casi” in cui, per una materia altrimenti compresa per intero nella possibilità di accesso, norme speciali (ovvero l’art. 24 co. 1 L. 241/1990) possono prevedere “specifiche condizioni, modalità e limiti”.
Deriva da tale principio anzitutto che l’ambito delle materie sottratte debba essere definito senza possibilità di estensione o analogia interpretativa.
In secondo luogo, dal medesimo principio – ricavabile dalla testuale interpretazione dell’art. 5 bis co. 3 d.lgs. n. 33/2013 come novellato – discende la regola, ben chiara ad avviso del Collegio, per cui, ove non si ricada in una “materia” esplicitamente sottratta, possono esservi solo “casi” in cui il legislatore pone specifiche limitazioni, modalità o limiti.
Va ricordata la delibera ANAC 28 dicembre 2016 n. 1309* (in G.U. n. 7 del 10 gennaio 2017) “Linee guida recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico di cui all’art. 5, comma 2, del decreto legislativo n. 33/2013.
DIFFERENZA CON L’ACCESSO DOCUMENTALE
Esiste una differenza tra:
a) «accesso documentale»: l’accesso disciplinato dal capo V della legge n. 241/1990.
b) «accesso generalizzato»: l’accesso di cui all’art. 5, comma 2, del decreto trasparenza 33/2013.
L’art. 24, comma 1, lettera a), l. 241 del 1990, prevede che “1. Il diritto di accesso è escluso: a) per i documenti coperti da segreto di Stato ai sensi della legge 24 ottobre 1977, n. 801, e successive modificazioni, e nei casi di segreto o di divieto di divulgazione espressamente previsti dalla legge, dal regolamento governativo di cui al comma 6 e dalle pubbliche amministrazioni ai sensi del comma 2 del presente articolo”.
Il citato comma 3, d.lgs. n. 33/2013, contrariamente ai commi precedenti, nell’estendere all’accesso civico generalizzato i limiti relativi all’accesso (documentale) di cui all'articolo 24, comma 1, della legge n. 241 del 1990, non esige alcuna motivazione in relazione all’accertamento della mancanza di un pregiudizio concreto alla tutela dell’interesse protetto dalla norma che vieta l’accesso.
Occorre evidenziare che la disciplina delle nuove forme di trasparenza amministrativa differisce significativamente rispetto all’ordinario regime di ostensione documentale previsto dalla legge 7 agosto 1990, n. 241.
L’accesso civico “semplice” e “generalizzato” prescinde dalla dimostrazione di un interesse diretto, concreto e attuale, ma incontra un limite non superabile nelle cause ostative enucleate dall’articolo 5-bis, d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33.
Le norme sull’accesso doc8mentale (esoprocedimentale) esigono la titolarità di una situazione giuridica legittimante, ma sanciscono la prevalenza dell’interesse conoscitivo “difensivo” nel conflitto con le contrastanti esigenze di riservatezza.
LA DISCIPLINA ATTUALE DELL’ACCESSO CIVICO GENERALIZZATO
La nuova tipologia di accesso (d’ora in avanti «accesso generalizzato»), delineata nel novellato art. 5, comma 2 del decreto trasparenza, dispone «chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi pubblici e privati giuridicamente rilevanti, secondo quanto previsto dall’art. 5-bis».
I giudici di Palazzo Spada (Cons. Stato, sez. IV, 16 novembre 2023, n. 9849), nella ricostruzione dell’istituto, fanno altresì riferimento ai cd. sistemi FOIA (“Freedom of information act”) secondo cui l’interesse conoscitivo del richiedente è elevato al rango di un diritto fondamentale (cd. right to know) non limitabile se non in ragione di contrastanti esigenze di riservatezza espressamente individuate dalla legge.
Tale diritto trova delle preclusioni nell’art. 5-bis citato che individua un duplice ordine di cause ostative all’accoglimento dell’istanza di ostensione:
1) il caso in cui il riconoscimento dell’accesso possa recare un pregiudizio concreto alla tutela degli interessi pubblici e privati elencati dai commi 1 e 2 dello stesso art. 5-bis del Decreto; cioè l’accesso è rifiutato se è necessario (comma 1) per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di uno degli interessi pubblici inerenti
a) sicurezza pubblica e ordine pubblico,
b) sicurezza nazionale,
c) difesa e questioni militari,
d) relazioni internazionali,
e) politica e stabilità finanziaria ed economica dello Stato,
f) conduzione di indagini sui reati e il loro perseguimento,
g) regolare svolgimento di attività ispettive.
Ai sensi del secondo comma, l’accesso è rifiutato se il diniego è necessario per evitare pregiudizio ad uno dei seguenti interessi privati: i) protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia;
ii) la libertà e la segretezza della corrispondenza;
iii) gli interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, compresi proprietà intellettuale, il diritto d’autore e i segreti commerciali.
2) il caso in cui vi sia un preclusione assoluta.
L’accesso generalizzato si traduce in un diritto di accesso non condizionato dalla titolarità di situazioni giuridicamente rilevanti ed avente ad oggetto tutti i dati e i documenti e informazioni detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli per i quali è stabilito un obbligo di pubblicazione.
La ratio della riforma risiede nella dichiarata finalità di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico (art. 5, comma 2 del decreto trasparenza).
In coerenza con il quadro normativo, il diritto di accesso civico generalizzato si configura come diritto a titolarità diffusa, potendo essere attivato «da chiunque» e non essendo sottoposto ad alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente (comma 3).
A ciò si aggiunge un ulteriore elemento, ossia che l’istanza «non richiede motivazione».
CONCLUSIONI
Tale nuova tipologia di accesso civico generalizzato risponde all’interesse dell’ordinamento di assicurare ai cittadini (a «chiunque»), indipendentemente dalla titolarità di situazioni giuridiche soggettive, un accesso a dati, documenti e informazioni detenute da pubbliche amministrazioni e dai soggetti indicati nell’art. 2-bis del decreto legislativo n. 33/2013 come modificato dal decreto legislativo n. 97/2016.
In sostanza essendo l’ordinamento ormai decisamente improntato ad una netta preferenza per la trasparenza dell’attività amministrativa, la conoscibilità generalizzata degli atti diviene la regola, temperata solo dalla previsione di eccezioni poste a tutela di interessi (pubblici e privati) che possono essere lesi/pregiudicati dalla rivelazione di certe informazioni.
Abstract : Cons. Stato, sez. IV, 16 novembre 2023, n. 9849)
L’accesso civico generalizzato è il diritto della persona a ricercare informazioni nonché a conoscere i dati e le decisioni delle amministrazioni, per rendere possibile quel controllo democratico che l’istituto intendere perseguire. Per tale motivo di interesse generale non occorre verificare la legittimazione o l’interesse di chi fa domanda, poiché chiunque può visionare ed estrarre copia cartacea o informatica di atti ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione obbligatoria.
L’accesso civico generalizzato incontra un limite non superabile nelle cause ostative indicate tassativamente dall’articolo 5-bis, d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33.
Invece, l’accesso documentale (previsto dalla legge 241/990) esige la titolarità di una situazione giuridica legittimante (attraverso la dimostrazione della legittimazione e dell’interesse), ma sancisce la prevalenza dell’interesse conoscitivo difensivo nel conflitto con le contrastanti esigenze di riservatezza.
Principi Fondamentali
Scientia potentia est è un aforisma latino che significa «sapere è potere». Forse non sarà potere, ma il diritto di accesso all'informazione (scritta ma non conoscibile se non attraverso apposita istanza) è un elemento chiave per una democrazia sana e partecipativa. Questo principio si basa sulla convinzione che i cittadini abbiano il diritto di conoscere come vengono prese le decisioni pubbliche e come vengono spesi i fondi pubblici.
L'accesso civico generalizzato favorisce la trasparenza delle istituzioni pubbliche, consentendo ai cittadini di monitorare le attività governative e degli enti pubblici e di valutarne l'efficacia e l'efficienza. Inoltre, promuove la responsabilità dell’amministrazione, poiché le istituzioni sono tenute a rendere conto delle proprie azioni e a rispondere alle richieste di informazioni dei cittadini.
Nascita dell’accesso civico generalizzato
Il d.lgs. 25 maggio 2016 n. 97, che ha introdotto l’accesso civico novellando l’art. 5 d.lgs. n. 33/2013, si è dichiaratamente ispirato al cd. “Freedom of information act” che, nel sistema giuridico americano, ha da tempo superato il principio dei limiti soggettivi all’accesso, riconoscendolo ad ogni cittadino, con la sola definizione di un “numerus clausus” di limiti oggettivi, a tutela di interessi giuridicamente rilevanti, che sono appunto precisati nello stesso art. 5 co. 2 d.lgs. n. 33/2013.
L’intento del legislatore delegato è stato quello di “favorire forme diffuse di controllo nel perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche”, promuovendo così “la partecipazione al dibattito pubblico”.
La “ratio” dell’intervento è stata declinata in tutte le sue implicazioni dal Consiglio di Stato (cfr. Commiss. Speciale 24 febbraio 2016 n. 515) il quale, nell’esprimere il proprio parere favorevole sullo schema di decreto legislativo, ha apprezzato, tra gli altri, due aspetti, che assumono rilevanza ai fini della presente decisione:
A) Il primo aspetto, cioè la già sottolineata limitazione soltanto oggettiva dell’accesso civico, comporta che, oltre alle specifiche “materie” sottratte – ad esempio quelle relative alla politica estera o di sicurezza nazionale – vi possono essere “casi” in cui, per una materia altrimenti compresa per intero nella possibilità di accesso, norme speciali (ovvero l’art. 24 co. 1 L. 241/1990) possono prevedere “specifiche condizioni, modalità e limiti”.
Deriva da tale principio anzitutto che l’ambito delle materie sottratte debba essere definito senza possibilità di estensione o analogia interpretativa.
In secondo luogo, dal medesimo principio – ricavabile dalla testuale interpretazione dell’art. 5 bis co. 3 d.lgs. n. 33/2013 come novellato – discende la regola, ben chiara ad avviso del Collegio, per cui, ove non si ricada in una “materia” esplicitamente sottratta, possono esservi solo “casi” in cui il legislatore pone specifiche limitazioni, modalità o limiti.
Va ricordata la delibera ANAC 28 dicembre 2016 n. 1309* (in G.U. n. 7 del 10 gennaio 2017) “Linee guida recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico di cui all’art. 5, comma 2, del decreto legislativo n. 33/2013.
DIFFERENZA CON L’ACCESSO DOCUMENTALE
Esiste una differenza tra:
a) «accesso documentale»: l’accesso disciplinato dal capo V della legge n. 241/1990.
b) «accesso generalizzato»: l’accesso di cui all’art. 5, comma 2, del decreto trasparenza 33/2013.
L’art. 24, comma 1, lettera a), l. 241 del 1990, prevede che “1. Il diritto di accesso è escluso: a) per i documenti coperti da segreto di Stato ai sensi della legge 24 ottobre 1977, n. 801, e successive modificazioni, e nei casi di segreto o di divieto di divulgazione espressamente previsti dalla legge, dal regolamento governativo di cui al comma 6 e dalle pubbliche amministrazioni ai sensi del comma 2 del presente articolo”.
Il citato comma 3, d.lgs. n. 33/2013, contrariamente ai commi precedenti, nell’estendere all’accesso civico generalizzato i limiti relativi all’accesso (documentale) di cui all'articolo 24, comma 1, della legge n. 241 del 1990, non esige alcuna motivazione in relazione all’accertamento della mancanza di un pregiudizio concreto alla tutela dell’interesse protetto dalla norma che vieta l’accesso.
Occorre evidenziare che la disciplina delle nuove forme di trasparenza amministrativa differisce significativamente rispetto all’ordinario regime di ostensione documentale previsto dalla legge 7 agosto 1990, n. 241.
L’accesso civico “semplice” e “generalizzato” prescinde dalla dimostrazione di un interesse diretto, concreto e attuale, ma incontra un limite non superabile nelle cause ostative enucleate dall’articolo 5-bis, d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33.
Le norme sull’accesso doc8mentale (esoprocedimentale) esigono la titolarità di una situazione giuridica legittimante, ma sanciscono la prevalenza dell’interesse conoscitivo “difensivo” nel conflitto con le contrastanti esigenze di riservatezza.
LA DISCIPLINA ATTUALE DELL’ACCESSO CIVICO GENERALIZZATO
La nuova tipologia di accesso (d’ora in avanti «accesso generalizzato»), delineata nel novellato art. 5, comma 2 del decreto trasparenza, dispone «chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi pubblici e privati giuridicamente rilevanti, secondo quanto previsto dall’art. 5-bis».
I giudici di Palazzo Spada (Cons. Stato, sez. IV, 16 novembre 2023, n. 9849), nella ricostruzione dell’istituto, fanno altresì riferimento ai cd. sistemi FOIA (“Freedom of information act”) secondo cui l’interesse conoscitivo del richiedente è elevato al rango di un diritto fondamentale (cd. right to know) non limitabile se non in ragione di contrastanti esigenze di riservatezza espressamente individuate dalla legge.
Tale diritto trova delle preclusioni nell’art. 5-bis citato che individua un duplice ordine di cause ostative all’accoglimento dell’istanza di ostensione:
1) il caso in cui il riconoscimento dell’accesso possa recare un pregiudizio concreto alla tutela degli interessi pubblici e privati elencati dai commi 1 e 2 dello stesso art. 5-bis del Decreto; cioè l’accesso è rifiutato se è necessario (comma 1) per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di uno degli interessi pubblici inerenti
a) sicurezza pubblica e ordine pubblico,
b) sicurezza nazionale,
c) difesa e questioni militari,
d) relazioni internazionali,
e) politica e stabilità finanziaria ed economica dello Stato,
f) conduzione di indagini sui reati e il loro perseguimento,
g) regolare svolgimento di attività ispettive.
Ai sensi del secondo comma, l’accesso è rifiutato se il diniego è necessario per evitare pregiudizio ad uno dei seguenti interessi privati: i) protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia;
ii) la libertà e la segretezza della corrispondenza;
iii) gli interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, compresi proprietà intellettuale, il diritto d’autore e i segreti commerciali.
2) il caso in cui vi sia un preclusione assoluta.
L’accesso generalizzato si traduce in un diritto di accesso non condizionato dalla titolarità di situazioni giuridicamente rilevanti ed avente ad oggetto tutti i dati e i documenti e informazioni detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli per i quali è stabilito un obbligo di pubblicazione.
La ratio della riforma risiede nella dichiarata finalità di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico (art. 5, comma 2 del decreto trasparenza).
In coerenza con il quadro normativo, il diritto di accesso civico generalizzato si configura come diritto a titolarità diffusa, potendo essere attivato «da chiunque» e non essendo sottoposto ad alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente (comma 3).
A ciò si aggiunge un ulteriore elemento, ossia che l’istanza «non richiede motivazione».
CONCLUSIONI
Tale nuova tipologia di accesso civico generalizzato risponde all’interesse dell’ordinamento di assicurare ai cittadini (a «chiunque»), indipendentemente dalla titolarità di situazioni giuridiche soggettive, un accesso a dati, documenti e informazioni detenute da pubbliche amministrazioni e dai soggetti indicati nell’art. 2-bis del decreto legislativo n. 33/2013 come modificato dal decreto legislativo n. 97/2016.
In sostanza essendo l’ordinamento ormai decisamente improntato ad una netta preferenza per la trasparenza dell’attività amministrativa, la conoscibilità generalizzata degli atti diviene la regola, temperata solo dalla previsione di eccezioni poste a tutela di interessi (pubblici e privati) che possono essere lesi/pregiudicati dalla rivelazione di certe informazioni.
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