Sommario: 1. Introduzione. 2. La causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis c.p. quale motivo di archiviazione. 3. L’archiviazione per particolare tenuità del fatto nell’ambito dei reati edilizi. 4. Le conseguenze del provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto. 4.1. La questione dell’iscrizione del provvedimento nel casellario giudiziale. 4.2. Gli effetti del provvedimento di archiviazione sui procedimenti e processi amministrativi. 5. Conclusione.
1. Introduzione
L’art. 131 bis c.p. disciplina una causa di non punibilità introdotta nel nostro ordinamento solo nel 2015: la particolare tenuità del fatto. Tale istituto, volto a soddisfare esigenze di alleggerimento del carico giudiziario e di rispetto del principio di proporzione, è oggetto di un vivace dibattito giurisprudenziale e dottrinale, che si incentra, in particolare, sull’individuazione dei parametri che consentono di ritenere l’offesa “di particolare tenuità”.
Da un punto di vista processuale, la declaratoria di non punibilità ex art. 131 bis c.p. può avvenire dopo l’esercizio dell’azione penale ed essere dunque contenuta in sentenze.
La non punibilità per particolare tenuità del fatto può, tuttavia, essere pronunciata anche in un momento antecedente all’esercizio dell’azione penale. Nel corso delle indagini preliminari il Pubblico Ministero può, infatti, richiedere l’archiviazione in ragione della tenuità dell’offesa, richiesta sulla quale è chiamato a pronunciarsi, con ordinanza o decreto, il Giudice per le indagini preliminari.
Questo contributo si incentrerà sull’analisi di questo secondo caso, cercando di mettere in luce le conseguenze derivanti dalla pronuncia di un provvedimento di archiviazione ex art. 131 bis c.p., avendo riguardo, in particolare, alla tematica dell’iscrizione del provvedimento nel casellario giudiziale ed agli effetti sui procedimenti e processi amministrativi vertenti sui medesimi fatti.
L’analisi verrà condotta con specifico riferimento all’applicazione della nuova causa di non punibilità ad una particolare classe di reati, quelli di natura edilizia.
La prassi evidenzia, infatti, un sempre maggiore ricorso alla particolare tenuità del fatto quale motivo di archiviazione, qualora vengano in rilievo abusi “minori”.
Si cercherà, pertanto, di evidenziare, nell’ambito dei reati edilizi, quali siano gli elementi ed i parametri individuati dalla giurisprudenza ai fini della valutazione sull’applicabilità dell’art. 131 bis c.p.
2. La causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis c.p. quale motivo di archiviazione
Il D.Lgs. 16 marzo 2015, n. 28 ha introdotto nel nostro ordinamento una nuova causa di non punibilità rispondente alla concezione gradualistica del reato e ai principi di sussidiarietà e di proporzionalità del diritto penale: la particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis c.p.
Come sancito dal I comma della disposizione codicistica, l’applicazione dell’istituto è limitata ai reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena.
Oltre al rispetto dei limiti edittali indicati sopra, la possibilità di applicare la particolare tenuità del fatto è, altresì, subordinata alla esistenza di una offesa particolarmente lieve, avendo riguardo alle modalità della condotta e all'entità del danno o del pericolo.
Il I comma dell’art. 131 bis c.p. specifica ulteriormente gli elementi che il Giudice deve tenere in considerazione per la valutazione di particolare tenuità del fatto, operando un richiamo a quanto previsto dall’art. 133, c.1 c.p.: si tratta della natura, la specie, i mezzi, il tempo, il luogo e ogni altra modalità dell'azione (art. 133, comma 1, n. 1); dell’esiguità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa dal reato (art. 133, comma 1, n. 2); dell’intensità del dolo o del grado della colpa (art. 133, comma 1, n. 3).
La nuova causa di non punibilità esige, inoltre, che non vi sia abitualità del comportamento. A tal proposito l'art. 131-bis, comma 3, specifica che il comportamento è da ritenersi “abituale” nel caso in cui l'autore sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza ovvero abbia commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità, nonché nel caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali o reiterate.
E’ necessario ora esaminare gli aspetti processuali di tale causa di non punibilità.
La particolare tenuità del fatto, prevista dall'art. 131-bis c.p., è rilevabile d'ufficio in qualsiasi stato e grado del giudizio e la sua declaratoria può dare luogo ad una pluralità di provvedimenti: la sentenza di non luogo a procedere (art. 420 c.p.p.), il proscioglimento predibattimentale (art. 469 c.p.p.), nonché la sentenza di assoluzione (art. 530 c.p.p.).
Nei casi sopra indicati la declaratoria di non punibilità per la particolare tenuità del fatto viene dunque effettuata dopo l’esercizio dell’azione penale ed è contenuta in sentenze pronunciate dal Giudice.
La non punibilità ex art. 131 bis c.p. può essere altresì pronunciata già nel corso delle indagini preliminari ed è proprio questo secondo caso l’oggetto specifico del presente contributo.
La declaratoria di non punibilità per particolare tenuità del fatto pronunciata prima dell’esercizio dell’azione penale spetta al Giudice per le indagini preliminari, che provvede con ordinanza o decreto di archiviazione.
Il provvedimento di archiviazione viene adottato su richiesta del pubblico ministero, secondo il disposto di cui all’art. 411 c.p.p., rubricato “Altri casi di archiviazione”. Tale norma inserisce, infatti, la particolare tenuità del fatto tra le ipotesi implicanti la presentazione di una richiesta di archiviazione da parte del pubblico ministero.
Il comma 1-bis dell’art. 411 c.p.p. delinea invece la disciplina conseguente alla presentazione della richiesta di archiviazione per particolare tenuità del fatto, introducendo, a tutela della persona offesa e di quella sottoposta alle indagini, la possibilità di presentare opposizione. Si tratta di una disciplina peculiare e specifica per l’ipotesi di richiesta di archiviazione ex art. 131 bis c.p., che si differenzia in parte dalla procedura relativa alle “normali” richieste di archiviazione.
In particolare, si prevede che il Pubblico Ministero debba darne avviso alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa, precisando che, nel termine di dieci giorni, tali soggetti possono prendere visione degli atti e presentare opposizione in cui indicare, a pena di inammissibilità, le ragioni del dissenso rispetto alla richiesta.
Se viene presentata opposizione e questa non è inammissibile, il Giudice procede ai sensi dell’articolo 409, comma 2, c.p.p. e, dopo avere sentito le parti, se accoglie la richiesta, provvede con ordinanza.
In mancanza di opposizione o quando questa è inammissibile, il Giudice procede senza formalità e, se accoglie la richiesta di archiviazione, pronuncia decreto motivato.
Nei casi in cui non accoglie la richiesta, il Giudice restituisce gli atti al Pubblico Ministero, eventualmente provvedendo ai sensi dell’articolo 409, commi 4 e 5 c.p.p.
Appare dunque evidente una fondamentale differenza con la disciplina della “normale” richiesta di archiviazione: mentre quest’ultima va notificata solamente alla persona offesa, per consentirne l’opposizione, la richiesta di archiviazione motivata dalla particolare tenuità del fatto va notificata anche alla persona indagata e consente anche alla stessa la possibilità di opporsi.
La ragione di questa scelta risiede nel fatto che l’archiviazione per particolare tenuità del fatto, pur essendo una misura favorevole all’indagato, comportando la chiusura delle indagini, non è, tuttavia, completamente priva di conseguenze negative.
Come si vedrà meglio in seguito, l’archiviazione ex art. 131 bis c.p. costituisce comunque una “macchia” nella sfera giuridica del soggetto indagato, in quanto, come di recente chiarito dalle Sezioni Unite, il provvedimento viene iscritto all’interno del casellario giudiziale. L’indagato può dunque presentare opposizione alla richiesta di archiviazione per particolare tenuità, chiedendo al giudice di disporre l’archiviazione, ma con una diversa, più favorevole formula.
3. L’archiviazione per particolare tenuità del fatto nell’ambito dei reati edilizi
Un particolare ambito di applicazione dell’istituto di cui all’art. 131 bis c.p. quale motivo di archiviazione è costituito dai reati edilizi.
Qualora vengano in rilievo abusi edilizi “minori”, sono, infatti, sempre di più i casi in cui la particolare tenuità del fatto viene invocata dal PM già in fase di indagine, costituendo la motivazione della richiesta di archiviazione.
Esaminando la giurisprudenza in materia, è possibile individuare i presupposti dalla stessa delineati ai fini dell’applicabilità della causa di non punibilità in questione.
Nello specifico, la Cassazione ha affermato che sono tre le verifiche da effettuare per consentire l’applicazione della particolare tenuità del fatto ai reati edilizi .
La prima verifica attiene a quanto previsto dall’art. 131 bis, comma 1, c.p., che circoscrive l’applicabilità dell’istituto ai soli reati per i quali è prevista una pena detentiva non superiore, nel massimo, a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena.
In secondo luogo, è necessario verificare se vi sia o meno “abitualità” del comportamento, circostanza che impedirebbe di applicare l’art. 131 bis c.p.
Il riferimento alla non abitualità del comportamento va posto in relazione con quanto indicato nel terzo comma dell’art. 131 bis c.p., che afferma: “Il comportamento è abituale nel caso in cui l’autore sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza ovvero abbia commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità, nonché nel caso in cui si tratti di reati che abbiano ad condotte plurime, abituali e reiterate.”
La terza verifica da effettuare attiene, infine, alla qualificazione dell’offesa come di particolare tenuità, qualificazione che deve essere condotta avendo riguardo all’entità del danno o del pericolo e alle modalità della condotta.
In merito alla esiguità del danno o del pericolo, la giurisprudenza dominante in materia indica che la stessa debba essere valutata sulla base di elementi oggettivamente apprezzabili e non anche attraverso una stima meramente soggettiva.
Per quanto riguarda le modalità della condotta, si è ritenuto invece evidente che il richiamo ai criteri di cui all’art. 133, comma 1 c. p., consenta di prendere in considerazione, ai fini del giudizio di irrilevanza, anche l’elemento soggettivo del reato.
La giurisprudenza ha inoltre sottolineato come anche gli altri parametri della condotta (natura, specie, mezzi, oggetto, tempo, luogo e ogni altra modalità dell’azione) debbano essere necessariamente apprezzati.
Con specifico riguardo al tema degli abusi edilizi ed alla qualificazione dell’offesa come di particolare tenuità, la Suprema Corte ha evidenziato come la consistenza dell’opera abusiva sia un elemento fondamentale da tenere in considerazione. La casistica evidenzia, infatti, l’archiviazione per particolare tenuità del fatto per abusi di modeste dimensioni, quali, ad esempio, strutture per ricovero di animali di affezione.
La consistenza dell’opera abusiva non è, tuttavia, l’unico aspetto da valutare ai fini dell’applicazione dell’art. 131 bis c.p. In particolare, la Cassazione ha ribadito che: “la consistenza dell’intervento abusivo costituisce solo uno dei parametri di valutazione. Riguardo agli aspetti urbanistici, in particolare, assumono rilievo anche altri elementi, quali, ad esempio, la destinazione dell’immobile, l’incidenza sul carico urbanistico, l’eventuale contrasto con gli strumenti urbanistici, il mancato rispetto di vincoli (idrogeologici, paesaggistici, ambientali, etc.), il rispetto o meno di provvedimenti autoritativi emessi dall’amministrazione competente (ad es. l’ordinanza di demolizione)” (Corte di Cassazione, 27.11.2015, n. 47039).
La giurisprudenza ha inoltre affermato come ulteriori elementi da tenere in considerazione ai fini dell’applicazione dell’art. 131 bis c.p. sono la possibilità o meno di sanare l’intervento abusivo, l'eventuale collegamento dell'opera abusiva con interventi preesistenti, le modalità di esecuzione dell'intervento e la circostanza che siano contestualmente violate, mediante la realizzazione dell'opera, anche altre disposizioni finalizzate alla tutela di interessi diversi (norme in materia di costruzioni in zone sismiche, di opere in cemento armato, di tutela del paesaggio e dell'ambiente, relative alla fruizione delle aree demaniali) (cfr. Cass. Pen., sez. VI, 6.02.2019, n. 5821, vedi anche Cass. Pen, sez.III, n. 35872/2016).
4. Le conseguenze del provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto
Alla luce del fatto che la particolare tenuità del fatto può costituire motivo per l’adozione di un provvedimento di archiviazione, occorre ora interrogarsi sulle conseguenze che tale provvedimento può determinare in capo ai soggetti indagati.
Due profili di analisi vengono in particolare in rilievo. Il primo consiste nel chiarire se il decreto/ordinanza di archiviazione debba essere iscritto o meno nel casellario giudiziale, considerando il fatto che tale iscrizione costituisce, in ogni caso, “una macchia” nella sfera giuridica dell’indagato, che comporta delle conseguenze negative, in special modo nel caso vengano commessi successivi reati.
Il secondo profilo attiene all’indagine circa le conseguenze che l’adozione del provvedimento in questione può comportare in relazione ai procedimenti e/o processi amministrativi vertenti sui medesimi abusi edilizi.
4.1. La questione dell’iscrizione del provvedimento nel casellario giudiziale
In relazione all’interrogativo circa la necessità di iscrizione nel casellario del provvedimento di archiviazione ex art. 131 bis c.p., si evidenzia come tale questione sia stata oggetto di un vivace dibattito giurisprudenziale, che esprimeva due orientamenti tra loro contrapposti.
Un primo filone giurisprudenziale riteneva che i provvedimenti di archiviazione per particolare tenuità del fatto non potessero essere iscritti nel casellario giudiziale. Ciò veniva motivato sulla base del fatto che l'applicazione dell'art. 131-bis c.p., presuppone comunque l'accertamento della responsabilità dell'indagato per il fatto di reato contestato. Dovrebbe quindi dubitarsi della costituzionalità della disposizione relativa alla archiviazione qualora tale provvedimento effettivamente determini un effetto pregiudizievole per l’indagato, quale quello dell'iscrizione nel casellario, dal momento che all'interessato non viene attribuita la possibilità di rinunziare alla causa di non punibilità, né di impugnare il merito della decisione dinanzi ad una giurisdizione superiore (cfr. Cass. Pen., Sez. III, 26 gennaio 2017, n. 30685).
Sempre nel senso di escludere che il provvedimento di archiviazione per tenuità del fatto fosse soggetto ad iscrizione, in quanto non definitivo e perché tale iscrizione si risolverebbe in una violazione di diritti costituzionalmente e convenzionalmente tutelati dell'indagato, si sono espresse anche Cass. Pen. Sez. 3, n. 45601 del 27 giugno 2017; Sez. 3, n. 46379 del 26 giugno 2017; Sez. 3, n. 47832 del 3 novembre 2016, dep. 2017; Sez. 1, n. 53618 del 27 settembre 2017.
Secondo un diverso orientamento, l’iscrizione del provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto nel casellario giudiziale sarebbe invece necessaria proprio al fine di garantire una corretta applicazione dell’istituto di cui all’art. 131-bis c.p. In particolare, si osserva che l’ambito di applicazione di questa specifica ipotesi di non punibilità è circoscritto, da un punto di vista soggettivo, ai casi di non abitualità della condotta. Pertanto, la procedura di memorizzazione delle pronunzie adottate per tenuità del fatto costituisce strumento essenziale per la stessa razionalità ed utilizzabilità dell'istituto. L’assenza di annotazione nel casellario determinerebbe, infatti, in modo del tutto incongruo, la possibilità di concessione di tale causa di non punibilità molte volte nei confronti della medesima persona (cfr. Cass. Pen., Sez. Un., 25 febbraio 2016, n. 13681).
Il descritto contrasto giurisprudenziale ha determinato un intervento delle Sezioni Unite, che si sono espresse chiarendo finalmente la questione.
La Suprema Corte ha affermato che l'orientamento per cui i provvedimenti di archiviazione per particolare tenuità del fatto non debbano essere iscritti nel casellario giudiziale non possa essere condiviso. La Relazione ministeriale allo schema del D.Lgs. n. 28 del 2015, evidenzia, infatti, lo stretto collegamento esistente tra la memorizzazione di tutti i provvedimenti che hanno applicato il nuovo istituto e la corretta ed effettiva operatività della condizione della non abitualità del comportamento. Tale condizione presuppone che vengano tenuti in considerazione i pregressi reati della stessa indole commessi dal soggetto.
La Cassazione chiarisce, inoltre, come la novella del 2015 parli espressamente di iscrizione nel casellario dei “provvedimenti giudiziari” e non dei “provvedimenti giudiziari definitivi”, il che determinerebbe la necessità di iscrizione di tutti i provvedimenti concernenti la particolare tenuità del fatto, compresi quelli di archiviazione.
Quanto alle riserve sulla compatibilità costituzionale della necessità di iscrizione dei provvedimenti di archiviazione ex art. 131 bis c.p., le Sezioni Unite osservano come non vi sarebbe alcuna lesione dell'art. 24 Cost., in quanto la speciale disciplina prevista dall'art. 411 c.p.p., comma 1-bis, consente all'indagato di dispiegare le proprie difese dinanzi al giudice investito della richiesta di archiviazione per tenuità del fatto.
Devono inoltre escludersi i contrasti prospettati con la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, poiché, nell’archiviazione ex art. 131 bis c.p., la valutazione pregiudiziale sulla sussistenza del fatto e sulla sua attribuibilità all'indagato, non costituisce un accertamento assimilabile ad una dichiarazione di colpevolezza nel senso inteso dalla CEDU, avvenendo in una fase anteriore al giudizio. Tale conclusione è peraltro confortata dal fatto che il provvedimento di archiviazione non produce gli effetti invece riservati dall'art. 651-bis c.p.p. alle dichiarazioni giudiziali dell'esimente.
Gli ermellini, sancita la doverosità dell’iscrizione del provvedimento di archiviazione ex art. 131 bis c.p., chiariscono, sotto un diverso ed ulteriore aspetto, come tale iscrizione in sé considerata non possa essere ritenuta un effettivo pregiudizio che l'indagato ha un reale interesse ad evitare, in quanto i provvedimenti che dichiarano la non punibilità ex art. 131 bis c.p. sono esclusi dalle certificazioni del casellario.
Il D.Lgs. n. 28 del 2015 ha, infatti, modificato alcune disposizioni del D.P.R. 14 novembre 2002, n. 313 (Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziale, di casellario giudiziale Europeo, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti). In particolare, all'art. 5, comma 2, dopo la lett. d), è stata inserita la lett. d-bis), al fine di estendere la disciplina dell'eliminazione delle iscrizioni dal casellario giudiziale ai provvedimenti giudiziari che hanno dichiarato la non punibilità per particolare tenuità del fatto trascorsi dieci anni dalla loro pronunzia.
Nell'art. 24, comma 1, e nell'art. 25, comma 1 del Testo Unico è stata aggiunta invece la lett. f-bis), prevedendo in entrambi i casi la non menzione dei suddetti provvedimenti giudiziari, rispettivamente, nel certificato generale ed in quello penale rilasciati a richiesta dell'interessato.
Le due disposizioni menzionate da ultime definiscono, peraltro, anche il contenuto dei certificati rilasciati, ai sensi dell'art. 25 bis e 28 del Testo Unico, a richiesta, rispettivamente, dei datori di lavoro e delle pubbliche amministrazioni, escludendo, anche in questi casi, la menzione dei provvedimenti che dichiarano la non punibilità ex art. 131 bis c.p..
In definitiva, l'iscrizione nel casellario dei provvedimenti di archiviazione per particolare tenuità del fatto assolve esclusivamente a una funzione di memorizzazione dell’adozione di tali provvedimenti, destinata ad esplicare i suoi effetti soltanto all'interno del circuito giudiziario, fermo restando che non ne deve essere fatta menzione nei certificati rilasciati a richiesta dell'interessato, del datore di lavoro e della Pubblica Amministrazione.
4.2. Gli effetti del provvedimento di archiviazione sui procedimenti e processi amministrativi
Un ulteriore aspetto di notevole rilevanza pratica è costituito dall’indagine circa gli effetti che il provvedimento di archiviazione ex art. 131 bis c.p. produce sui procedimenti e/o processi amministrativi vertenti sui medesimi abusi edilizi.
In altri termini, ci si chiede quali siano le conseguenze della pronuncia di un provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto qualora quest’ultimo intervenga (come spesso accade) prima della definizione dei procedimenti e dei processi amministrativi.
Il punto di partenza per tale indagine è certamente costituito dall’art. 651 bis c.p.p., che regola gli effetti della sentenza di proscioglimento per particolare tenuità del fatto nel giudizio civile o amministrativo di danno, così disponendo: “1. La sentenza penale irrevocabile di proscioglimento pronunciata per particolare tenuità del fatto in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso, nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni e il risarcimento del danno promosso nei confronti del prosciolto e del responsabile civile che sia stato citato ovvero sia intervenuto nel processo penale. 2. La stessa efficacia ha la sentenza irrevocabile di proscioglimento pronunciata per particolare tenuità del fatto a norma dell'articolo 442, salvo che vi si opponga la parte civile che non abbia accettato il rito abbreviato.”
L’art. 651 bis c.p.p. prevede, pertanto, che il proscioglimento per particolare tenuità del fatto abbia efficacia di giudicato quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso nei giudizi civili o amministrativi di danno.
Come si evince dal tenore letterale della disposizione normativa, tali effetti sono, tuttavia, prodotti solo dalla sentenza penale irrevocabile pronunciata in seguito a dibattimento. Ne deriva che gli altri provvedimenti dichiarativi della non punibilità per particolare tenuità del fato assunti in fasi processuali differenti, come il provvedimento di archiviazione, non producono gli effetti di cui all’art. 651 bis c.p.p..
Pertanto, ad eccezione della sentenza resa al termine del giudizio abbreviato, i cui effetti sono regolati dal secondo comma dell’art. 651 bis c.p.p. e sono simili a quelli della sentenza dibattimentale, nei giudizi di danno non avranno rilievo le altre pronunce che concludono il procedimento penale in assenza di dibattimento.
Procediamo ora ad analizzare una seconda disposizione normativa rilevante ai fini della presente indagine, l’art. 654 c.p.p., che disciplina, da un punto di vista generale, l’efficacia della sentenza penale di condanna o di assoluzione in altri giudizi civili o amministrativi. Tale articolo afferma: “1. Nei confronti dell'imputato, della parte civile e del responsabile civile che si sia costituito o che sia intervenuto nel processo penale, la sentenza penale irrevocabile di condanna o di assoluzione pronunciata in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato nel giudizio civile o amministrativo, quando in questo si controverte intorno a un diritto o a un interesse legittimo il cui riconoscimento dipende dall'accertamento degli stessi fatti materiali che furono oggetto del giudizio penale, purché i fatti accertati siano stati ritenuti rilevanti ai fini della decisione penale e purché la legge civile non ponga limitazioni alla prova della posizione soggettiva controversa.”.
Dalla lettura della norma emerge come anche questa seconda disposizione sia riferita solamente agli effetti prodotti dalle sentenze penali irrevocabili di condanna o di assoluzione emesse all’esito di un dibattimento . Pertanto, anche nel caso in cui si volesse ritenere la norma applicabile alle pronunce che dichiarano la non punibilità ex art. 131 bis c.p., facendo rientrare queste ultime nell’ambito dei provvedimenti “assolutori”, gli effetti di cui all’art. 654 c.p.p. non riguarderebbero certamente il provvedimento di archiviazione, ma esclusivamente le sentenze pronunciate all’esito di un dibattimento.
5. Conclusione
Alla luce degli aspetti sopra esaminati, può affermarsi che l’istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto possa costituire uno strumento di fondamentale importanza ai fini dell’alleggerimento del carico giudiziario.
Tale ultima esigenza può, in particolare, essere soddisfatta, nel caso in cui l’art. 131 bis c.p. costituisca il motivo dell’archiviazione, consentendo una definizione del procedimento nella sua prima fase, quella delle indagini.
L’istituto consente, pertanto, una significativa riduzione del dispendio di “energie processuali” in relazione a fatti che, in quanto bagatellari, sono, in concreto, non meritevoli del ricorso alla pena.
Nell’ambito dei reati edilizi, emerge con evidenza la possibilità di applicare l’istituto de quo in tutti quei casi di “abusi minori” in cui l’offesa si configuri come particolarmente tenue, avendo riguardo alle modalità della condotta ed all’esiguità del danno.
L’art. 131 bis c.p. consente, pertanto, una deflazione del sistema giudiziario nel pieno rispetto e bilanciamento dei principi costituzionali dell’obbligatorietà dell’azione penale (art. 112 Cost.) e della finalità rieducativa della pena (art.27 Cost.).
Si evidenzia, inoltre, come la possibilità per il PM di richiedere l’archiviazione per particolare tenuità del fatto, se correttamente applicata, costituisca uno strumento di alleggerimento del sistema processuale penale certamente meno “ipocrita” dell’istituto della prescrizione, nonché maggiormente efficiente, consentendo l’arresto del procedimento sin dalla sua prima fase. Infatti, mentre la prescrizione opera in relazione a procedimenti che pendono per un lungo periodo di tempo, l’art. 131 bis c.p., in particolare se invocato quale motivo di archiviazione, comporta l’arresto del procedimento dalla sua fase iniziale, evitando un inutile dispendio di energie giudiziarie ed eliminando le ovvie conseguenze negative (anche in termini psicologici) che la pendenza di un processo determina in capo all’imputato.
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