Abstract
I tribunali di tutt’Italia da anni si occupano di lottizzazione abusiva e, soprattutto, di confisca dei terreni o delle costruzioni su di essi realizzati.
Il Consiglio di Stato (Sez. VI, n. 2217 sentenza del 2 marzo 2023), si è occupato di un ricorso di un proprietario, asseritamente in buona fede, che aveva perso la proprietà del terreno per effetto di un provvedimento amministrativo conseguente ad una lottizzazione abusiva.
Il Comune, accertando una lottizzazione abusiva, aveva sospeso i lavori e, dopo 90 giorni, non avendo revocato il provvedimento, era diventato proprietario dei terreni e delle costruzioni.
Si tratta di una conseguenza analoga (perdita di proprietà) a quella che si verifica in caso di confisca (provvedimento che emette il giudice penale): nel caso esaminato dal Consiglio di Stato la giurisdizione era del Giudice amministrativo, perché era stato emesso un provvedimento dal Comune (ai sensi del Testo Unico dell’Edilizia). Più spesso è il giudice penale che confisca i terreni, giudicando sul reato di lottizzazione abusiva (art 44 lettera C del DPR 327/2001), anche se spesso non emette la sentenza di condanna (ma dichiara la prescrizione del reato).
I temi trattati dalla sentenza in commento sono però gli stessi del giudice penale e coinvolgono la definizione di lottizzazione abusiva (materiale o cartolare), il concetto di colpa del proprietario (o del terzo in buona fede che acquista dal proprietario), la necessità o meno di un accertamento della colpa, per perdere la proprietà.
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Il caso in concreto esaminato
Al Consiglio di Stato si era rivolto il proprietario di una particella, rientrante in un’ampia area abusivamente lottizzata (per la costruzione del complesso turistico-residenziale). Con il ricorso il privato:
• contestava che si trattasse di una lottizzazione abusiva “cartolare” o “negoziale”;
• adduceva la mancanza di responsabilità nella realizzazione degli abusi, citando la sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’uomo che nega la perdita di proprietà (per confisca) senza colpa e senza accertamento della “sostanziale responsabilità” (anche senza condanna penale).
Il Tar Napoli ed il Consiglio di Stato hanno rigettato il ricorso confermando i provvedimenti comunali.
I tipi di lottizzazione abusiva
Il Consiglio di Stato ( Sez. VI, sent. del 2 marzo 2023, n. 2217 e conforme Sez. VI – sentenza 19 aprile 2023 n. 3957) ha confermato che:
• la lottizzazione abusiva consiste in qualsiasi tipo di edificazione idonea in concreto a stravolgere l’assetto del territorio preesistente e a realizzare un nuovo insediamento abitativo: lo scopo della norma è eliminare un concreto ostacolo alla futura attività di programmazione del territorio dell’amministrazione;
• il reato (ed illecito amministrativo) di lottizzazione abusiva può essere:
a) “materiale” tramite l’avvio non autorizzato di opere che trasformino senza titolo i terreni in zona non adeguatamente urbanizzata, in modo da aggravare il carico insediativo e, soprattutto, pregiudicare la potestà programmatoria attribuita all’amministrazione. La realizzazione delle opere può essere anche solo nella fase iniziale, ma in violazione degli strumenti urbanistici;
b) “negoziale” o “cartolare”, quando la trasformazione avvenga tramite atti negoziali che determinino un frazionamento del terreno in lotti tali da denunciare in modo inequivoco la destinazione a scopo edificatorio (conforme il TAR Sicilia– Palermo, sez. II – sentenza 19 aprile 2023 n. 1285);
c) “mista”, se caratterizzata dalla compresenza delle attività materiali e negoziali individuate dalla norma, consistente nell'attività negoziale di frazionamento di un terreno in lotti e nella successiva edificazione dello stesso (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 19 luglio 2021, n. 5403).
L’interesse tutelato e la differenza con i meri “abusi edilizi”
L’interesse protetto è l’ordinato sviluppo urbanistico del tessuto urbano, in coerenza con le scelte pianificatorie dell'amministrazione, espresse nel piano urbanistico generale (Consiglio di Stato, Sez. VI, 2 agosto 2022, n. 6779).
Il discrimine, secondo la giurisprudenza, tra l’abuso edilizio e la lottizzazione abusiva è il seguente: la lottizzazione incide sull’assetto urbanistico “in modo rilevante” ossia conferendo all’area “un diverso assetto territoriale” che porti a dover realizzare o potenziare le opere di urbanizzazione.
In altre parole, per integrare il reato di lottizzazione abusiva, diversamente dal mero abuso edilizio, è necessaria una illegittima trasformazione urbanistica o edilizia del territorio, di consistenza tale da incidere in modo rilevante sull’assetto urbanistico della zona.
Ne consegue che il giudice deve verificare, nei singoli casi, se le opere ritenute abusive abbiano una valenza autonomamente punibile ai sensi dell'art. 44, lett. a) e b), d.P.R. n. 380 del 2001, oppure se esse siano idonee a conferire all’area un diverso assetto territoriale, con conseguente necessità di predisporre nuove opere di urbanizzazione o di potenziare quelle già esistenti, in tal modo sottraendo le relative scelte di pianificazione urbanistica agli organi competenti (Sez. 3, n. 44946 del 25/01/2017, dep. 29/09/2017).
Nessuna valutazione atomistica è possibile
Il giudice (amministrativo o penale) osserva il Consiglio di Stato, deve accertare le opere non “atomisticamente”, ma nel complesso per valutare se siano idonee a stravolgere l’assetto del territorio. È necessaria una valutazione globale delle stesse ed i singoli interventi devono essere considerati nel loro quadro di insieme, evidenziando il nesso funzionale che li accomuna e l'effettiva portata dell'operazione (Cassazione penale, Sez. III, 14 ottobre 2020, n. 28495).
Per tale motivo non vi è difetto di istruttoria se l’amministrazione valuta le posizioni dei singoli accomunandole nell’ambito di un unico provvedimento deriva, non già da un difetto di istruttoria, ma proprio dalla natura unitaria della fattispecie della lottizzazione abusiva.
Il bene giuridico protetto dalla predetta norma, quindi, non è solo quello dell'ordinata pianificazione urbanistica e del corretto uso del territorio, ma anche (e soprattutto) quello dell'effettivo controllo del territorio da parte del soggetto titolare della relativa funzione, cui spetta di vigilare sul rispetto delle vigenti prescrizioni urbanistiche, con conseguente legittima repressione di qualsiasi intervento di tipo lottizzatorio non previamente assentito (Consiglio Stato, Sez. IV, 13 maggio 2011, n. 2937).
Nella sentenza in commento, il tema della accertamento dell’abuso era relativamente semplice, in quanto a carico del ricorrente esistevano sentenze penali che accertavano la lottizzazione abusiva mista. Nel caso esaminato vi era stato un intreccio di attività giuridiche e materiali, caratterizzate da progressivi atti di frazionamento realizzati e cessioni di terreni che hanno determinato una trasformazione dell’assetto urbanistico del territorio all’interno di un’area di vaste dimensioni, a seguito della realizzazione di attività edificatoria su diversi dei lotti frazionati (strade, parcheggi, aree di ricreazione, piscine, edifici realizzati a scopo turistico ricettivo e residenziale).
La colpa secondo le norma italiane
Secondo il Consiglio di Stato (che esamina la vicenda ai fini amministrativi e non penali) “la lottizzazione abusiva”, operando in modo oggettivo ed indipendentemente dall'animus dei proprietari interessati, differentemente dell'abuso edilizio, presuppone un insieme di opere o di atti giuridici, comportanti una trasformazione urbanistica o edilizia dei terreni a scopo edificatorio, da intendere come conferimento all'area di un diverso assetto territoriale” (così, ex multis, Consiglio di Stato, sez. II, 14 giugno 2021, n. 4627). In conseguenza di questo principio (Consiglio di Stato, Sez. VI, 2 agosto 2022), risulta irrilevante “ai fini del decidere la circostanza per cui la parte non sarebbe responsabile [...] atteso che l'acquirente del fondo abusivamente lottizzato concorrerebbe comunque con la propria condotta ad assicurare la protrazione degli effetti lesivi dall'illecito in concreto commesso, in tale modo rispondendone ai fini amministrativi”.
In questo modo, il Giudice amministrativo aderisce alla tesi più rigorosa, che richiede, per perdere la proprietà di un fondo o edificio appartenente ad una lottizzazione abusiva, che il privato con la propria condotta si sia anche solo limitato ad assicurare la protrazione degli effetti lesivi dall'illecito in concreto commesso.
Ma il giudice amministrativo esamina anche la tesi meno rigorosa, di derivazione euro unitaria (CEDU), ma ritiene che le conclusioni non mutano (nel caso di specie) aderendo all'indirizzo giurisprudenziale maggiormente propenso ad esaminare la situazione di buona fede dell'acquirente del fondo abusivamente lottizzato. Secondo i principi imposti dalla CEDU serve almeno la colpa, per perdere la proprietà, sia da parte del proprietario lottizzante, sia da parte del terzo in buona fede che acquista in seconda battuta il bene.
Secondo tale orientamento europeista è comunque necessaria la mancanza di colpa per mantenere il bene, che si può dimostrare solo avendo operato con la necessaria diligenza nell'adempimento dei doveri di informazione e conoscenza senza, tuttavia, rendersi conto, in buona fede, di partecipare ad un'operazione di illecita utilizzazione del territorio e di aver, comunque, posto in essere ogni tempestiva azione di contrasto (Consiglio di Stato, Sez. II, 2 novembre 2020, n. 6762).
Nel caso concreto, il Consiglio di Stato (Sez. VI, n. 2217 sentenza del 2 marzo 2023), aveva agli atti sia condanne penali, sia un comunale completa, che avevano dimostrato che il ricorrente difettava della “buona fede”, intesa come assenza di colpa, come sopra definita.
La colpa secondo le norme europee (CEDU)
Il ricorrente invocava avanti al Consiglio di Stato anche la violazione della normativa sovranazionale a tutela del diritto di proprietà, che il giudice amministrativo cita attraverso la giurisprudenza della Corte di Cassazione (Cassazione penale, Sez. III, 3 ottobre 2019, n.7756) che ha tradotto i principi europei (Grande Camera della Corte EDU del 28 giugno 2018, G.I.E.M. S.r.l. contro Italia).
Secondo tale interpretazione assume rilievo anche l’aspetto dell’individuazione dei beni, nel senso che il provvedimento ablatorio è legittimo se limitato ai beni immobili direttamente interessati dall’attività lottizzatoria e ad essa funzionali.
Secondo il Consiglio di Stato è conforme al principio di protezione della proprietà di cui al citato art. 1 del Prot. n. 1 CEDU (come interpretato dalla richiamata pronuncia Grande Camera della Corte EDU del 28 giugno 2018, G.I.E.M. S.r.l. contro Italia), la confisca di tutta l’area oggetto della lottizzazione, compresi gli edifici sulla stessa realizzati, laddove la complessiva operazione edilizia realizzata abbia determinato il completo stravolgimento della destinazione urbanistica dei terreni, modificandola.
La sentenza è una delle tante che declina i principi europei “all’italiana”, forzando sempre più i concetti, per sopperire alle tante carenze (prescrizione e complessità delle questioni), per mantenere il “governo del territorio”.
avv. Roberto Ollari
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